Né di destra, né di sinistra. Questo è il punto di partenza per il ritorno della coppia più amata dagli attivisti del M5s. Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Di volta in volta «fratelli», «gemelli diversi», amici e all'occorrenza avversari. Nel momento più difficile per il Movimento i due hanno ricominciato a parlarsi. L'ex capo politico dalla Farnesina prova a influenzare gli equilibri in vista degli Stati Generali, Dibba dall'Iran prepara l'ennesima discesa in campo. Stavolta senza ripartenze repentine. Nell'imminenza dell'accordo con il Pd e durante le ultime battute del governo gialloverde i rapporti erano peggiorati, ridotti ai minimi termini. A giugno il picco dello scontro. Mentre Di Battista spargeva gocce di veleno sul M5s nel suo libro Politicamente scorretto, Di Maio replicava a tono, senza mai nominare l'amico: «Quando ho letto "burocrati chiusi nei ministeri" mi sono incazzato». E ancora, una frase carpita durante l'assemblea territoriale grillina in Lombardia: «Scusate se mi incazzo se quelli che non sono venuti sul palco con me il giorno dopo le europee stavano, e stanno ancora, in giro per l'Italia a presentare libri». Il riferimento è più che chiaro.
Ma ora il M5s è a un bivio. Sempre il solito da settimane: posizionarsi nel centrosinistra o rimanere autonomi. E in vista della resa dei conti di inizio aprile, quando partirà il «congresso», i dioscuri si sono parlati, entrambi d'accordo sull'urgenza di non consegnarsi ai dem per preservare l'identità dei Cinque Stelle. Manlio Di Stefano, viceministro degli Esteri fedelissimo di Di Maio ma anche vicino a Dibba, sabato ha lanciato un segnale molto chiaro: «Lo sento spesso dall'Iran via WhatsApp, sta bene, tornerà tra due settimane - ha detto - Se vuole tornare in politica? Lui dice che se il suo messaggio è ancora ritenuto utile è sempre disposto a dare una mano al Movimento». Il messaggio sarà esplicitato in una mozione tutta contro «il liberismo e la globalizzazione» da presentare agli Stati generali. Si prevedono frecciate al Pd e a chi, da Stefano Patuanelli a Paola Taverna, vuole riposizionare il M5s a sinistra. Parole che potrebbero avere persino l'appoggio ufficiale da parte dell'ex capo politico. Innescando meccanismi difficilmente controllabili quando si dovrà scegliere il nuovo leader o l'organismo di vertice che sarà chiamato a governare i Cinque Stelle. Perché ancora regna la confusione sulla forma della leadership del futuro. Un direttorio? Un altro capo politico? Un politburo con un segretario? In qualunque caso, nella prossima battaglia Di Maio e Di Battista dovrebbero essere fianco a fianco per evitare l'alleanza stabile con Nicola Zingaretti e soci. L'ex capo politico e il beniamino viaggiatore rappresentano una potenza di fuoco mediatica tale da poter mettere in difficoltà chi la pensa diversamente.
Nonostante i «governisti» filo-Pd siano ormai la maggioranza all'interno del partito. Sullo sfondo resta Davide Casaleggio, che potrebbe uscire molto ridimensionato dagli Stati Generali. E guarda con interesse alle mosse dei due «gemelli diversi».
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