Atene respinge con i gas l'ondata di migranti scatenati da Erdogan

Migliaia di rifugiati premono l'Ue dopo il diktat del Sultano. E l'Europa è troppo debole

Atene respinge con i gas l'ondata di migranti scatenati da Erdogan

La guerra dei migranti all'Europa lanciata dal presidente turco Erdogan è iniziata. Ma a combatterla per noi c'è, in questo momento, solo la Grecia. Mentre a Istanbul decine di migliaia di disperati s'ammassano sui pullman per il confine offerti dal governo turco alla frontiera è già battaglia. Nella terra di nessuno, poco oltre il filo spinato e le fortificazioni greche, sono bloccati, da venerdì notte, cinquecento disperati. Appena dietro le barriere turche, premono altri 4mila. E almeno diecimila, secondo l'Organizzazione internazionale dei migranti sono in procinto di raggiungerli.

Ma è solo l'inizio. Nei campi profughi turchi vivono più di tre milioni di rifugiati siriani. Tra breve anche loro potrebbero unirsi all'assedio della fortezza Europa. E ancor più imminente sembra il via libero turco al milione di sfollati in fuga da Idlib, la provincia siriana dove l'esercito di Ankara difende i terroristi di Al Qaida e i cinquantamila ribelli jihadisti minacciati dall'offensiva delle truppe governative sostenute da Mosca. In questo clima da tregenda, scandito dagli assalti dei migranti respinti a colpi di lacrimogeni e manganelli il governo greco annuncia di aver ricacciato indietro almeno 4mila persone. Ma la Grecia, da sola, non ha la forza militare, né la statura politica, per fermare l'assalto. Qualche giorno di battaglie di confine rilanciate dai media di tutto il mondo basterà a trasformare la Grecia da vittima a carnefice dei migranti. Il Sultano mandante dell'operazione potrà, allora, quantificare il ricatto da sottoporre all'Europa.

Un'Europa come sempre lontana, assente ed incapace di contrapporglisi. Da quando, giovedì sera, Erdogan le ha lanciato il guanto di sfida Bruxelles non ha saputo né abbozzare né una risposta, né una riunione in cui stabilire tempi e modi per appoggiare la Grecia e affrontare la minaccia turca. Un'inettitudine non diversa da quella del 2015 quando ci vollero settimane prima che l'Europa si preoccupasse per l'invasione dei migranti. Stavolta non andrà diversamente. Anche perché, malauguratamente, il ventre molle dell'Unione coincide con i due paesi convinti di poterla guidare. La Germania è nelle mani di una Angela Merkel infinitamente più debole e più confusa di quando, nel 2015, aprì ai migranti. Una Merkel preoccupata non solo da una nuova invasione capace di regalare altri consensi alla destra, ma anche dalle manovre di Ankara pronta a far leva sul milione e milione e mezzo di turchi presenti in Germania per seminar disordini e far pressioni su Berlino.

D'altra parte il presidente francese Emmanuel Macron, indebolito dalle contestazioni interne, non appare più lucido o più deciso. Malgrado la causa dei ribelli siriani s'identifichi ormai con quella di Al Qaida ed Erdogan usi i jihadisti siriani per combattere il generale Khalifa Haftar considerato il suo uomo in Libia, Macron continua a prendersela con una Siria impegnata a liberare i propri territori e con un Vladimir Putin colpevole di appoggiarla. L'Europa di Berlino e Parigi fa insomma il possibile per meritarsi la bomba migranti che il Sultano le ha posato sulla soglia di casa.

Invece di auspicare una sconfitta dei gruppi jihadisti seguita dall'inevitabile conclusione del conflitto siriano e dal rientro dei migranti preferisce appoggiare le manovre di Erdogan. Che senza la guerra non avrebbe più scuse per tenere un piede in Siria e controllare quelle milizie jihadiste impiegate come truppe mercenarie prima contro i curdi e poi in Libia.

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