In Piazza Affari è tutto pronto, firmato l'atto di fusione prima di Capodanno da questa mattina Banco Popolare e Popolare Milano diventano una cosa sola anche sul listino milanese con il nome di «Banco Bpm». A guidare la terza banca del Paese dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit (4 milioni di clienti e 171 miliardi di attivi) sarà Giuseppe Castagna, ex numero uno di Bpm, cui ieri sono state conferite le deleghe operative anche dall'ultimo cda del Banco, che ha poi espletato gli adempimenti di legge.
L'equilibrio delle poltrone di vertice tra le due spose è definito da tempo e vede il veronese Maurizio Faroni come direttore generale, coadiuvato da due vice: Domenico De Angelis (in quota Banco) e Salvatore Poloni (Bpm). L'ex ad del Banco Popolare, Pier Francesco Saviotti guiderà invece il comitato esecutivo.
Due le grandi sfide davanti a Castagna. Il primo è cercare di ridare smalto al nuovo gruppo in Borsa: sia il Banco sia Bpm hanno molto patito lo scorso anno, accusando ribassi rispettivamente vicini al 75 e al 60 per cento. Ora si riparte da un valore sulla carta di 2,3 euro per una capitalizzazione quasi 5,5 miliardi: i concambi sono stati fissati alla pari per a Verona e 6,386 a uno per Milano. Il secondo problema di Castagna, è domare i timori e le pressioni della Bce sulla gestione dei crediti in sofferenza. E sventare, soprattutto dopo l'innalzamento della solidità patrimoniale chiesta a Mps, il rischio di altre cure ricostituenti o tagli: il Banco Bpm ha 2.500 filiali e oltre 25mila dipendenti. Il piano industriale, presentato nella primavera scorsa, prevede di ridurre lo stock degli npl di almeno 8 miliardi entro il 2019.
Malgrado tutti i sindacati nazionali fossero schierati per il «sì», l'ok alla fusione è stata molto travagliata tra la base sociale di Bpm, che ha visto l'opposizione dei soci pensionati, guidati dalla associazione Lisippo.
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