Delle «luci in fondo al tunnel» è sempre meglio dubitare. Ne sentiamo parlare dai tempi del governo Monti, e il nostro Paese è ancora avviluppato nei tentacoli della recessione. C'è quindi da sperare che, almeno questa volta, la Banca d'Italia sia buon profeta. «Il primo trimestre del 2015 dovrebbe far segnare un piccolo aumento del Pil e si tratterebbe del primo di una serie di rialzi trimestrali che proseguirebbero fino a tutto il 2016», ha affermato ieri il direttore generale di Palazzo Koch, Salvatore Rossi. Secondo il quale è un «imperativo» lasciarsi alla spalle tre anni di crisi ininterrotta che, a causa di un «tessuto economico-sociale indebolito dalle inerzie degli anni precedenti», hanno inferto «danni maggiori di quelli subiti da altre economie».
Non che Bankitalia si aspetti ritmi di sviluppo sostenuti: nell'ultimo Bollettino, diffuso la scorsa settimana, gli esperti di Via Nazionale hanno dato una robusta limata alle stime pubblicate in luglio, con il Pil destinato a crescere quest'anno non più dell'1,3%, bensì appena dello 0,4%. In prospettiva sarà dunque possibile riassorbire, nei prossimi due anni, il terreno perduto dalla fine del 2012, ma «non anche quello, ben più esteso, perso nei cinque anni precedenti». Rossi vede come uno dei principali problemi il pessimismo di famiglie e imprese: «La ripresa parte proprio da un ritorno della fiducia - spiega - soprattutto in quelle aziende che hanno condizioni di bilancio e di mercato tali da consentire loro un immediato rilancio degli investimenti».
Il quadro macroeconomico attuale, caratterizzato dal crollo del petrolio sotto i 50 dollari e dalla discesa dell'euro (a 1,16 dollari ieri), sembra comunque offrire le condizioni ideali per agganciare la crescita. Negli ultimi giorni, la rivalutazione del franco svizzero indotta dalla decisione della Banca centrale elvetica di abbandonare il plafond di 1,20 tra franco ed euro, ha inoltre aperto una nuova finestra di opportunità per le imprese italiane. Dopo la tempesta di giovedì scorso, la moneta svizzera ha intanto avviato la nuova settimana attorno alla parità con l'euro, mentre la Borsa di Zurigo ha recuperato il 3,2%. Insomma, segnali di stabilizzazione in attesa dello showdown della Bce di giovedì prossimo su cui i mercati continuano a scommettere (+1,34% Milano). Sul varo del programma di acquisto di titoli di Stato, contromisura resa necessaria dai rischi di deflazione e da una crescita incerta, non sembrano esserci più dubbi. Soprattutto dopo che dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che la scorsa settimana aveva avuto un incontro riservato con il presidente dell'Eurotower, Mario Draghi, è arrivato ieri un sostanziale lasciapassare per il quantitative easing : «La Bce prende le sue decisioni sempre in modo indipendente. In ogni modo, questa non è una settimana decisiva per il destino dell'euro».
Incassato lo ja della Merkel, Draghi deve però ancora fare i conti con l'opposizione della Bundesbank. È per questo che il lavoro di mediazione continuerà fino all'ultimo. Il numero uno dell'istituto di Francoforte ha già i numeri sufficienti per far approvare il Qe, ma vuole un consenso il più ampio possibile.
Le ultime indiscrezioni convergono sull'ipotesi che un compromesso venga raggiunto sulla base di un piano da 750 miliardi di euro e in cui il rischio sull'esposizione ai bond sovrani, fino al 50%, sarebbe a carico delle singole banche centrali nazionali. Un'opzione, tuttavia, poco gradita al Fmi («Maggiore è la mutualizzazione, meglio è», ha detto Christine Lagarde), a Bankitalia e al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che ha chiesto un Qe «senza vincoli».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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