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Berlino ha la "sua" Grecia Borse in profondo rosso

VW perde il 35% in due giorni e trascina al ribasso anche Fiat (-6%) . L'Europa brucia 243 miliardi

Berlino ha la "sua" Grecia Borse in profondo rosso

È come avere una Grecia in casa, un virus destabilizzante con cui fare i conti. Dopo aver impartito per anni a tutti la morale sul rispetto delle regole, la Germania disvela il proprio lato truffaldino, furbetto e manipolatore. Come un'Atene qualsiasi. Peccato, però, che a pagare dazio non sia soltanto Volkswagen, collassata ieri a Francoforte di un altro 20% che, sommato alla sberla di lunedì, porta a -35% il terrificante score borsistico dell'«auto del popolo», con 25 miliardi di capitalizzazione andati in fumo in sole due sedute. Sui mercati il testa-coda è stato infatti collettivo, una fuga di massa dalle azioni per scendere nella trincea delle obbligazioni così come già successo durante la fase più cupa della crisi del debito sovrano, o in seguito ai contorcimenti provocati dalla frenata della Cina. Ribassi superiori al 3% costati all'Europa 243 miliardi, Wall Street in apnea (-1,5% alle 20 ora italiana), con il tonfo di Wolfsburg che ha trascinato al ribasso Daimler (-7%), Renault (-7,12%) e Peugeot (-8,76%), senza risparmiare Fiat (-6,2%) e la sua controllante Exor (-6,3%). Bufera anche su comparti come quello bancario (-2,94% a Piazza Affari), mentre il lusso ha limitato i danni (-1% Tod's e -1,3% Ferragamo).

Una reazione eccessivamente emotiva? Amplificata dalla speculazione che, come osservano gli esperti di Nomura, ha trovato un nuovo appiglio per colpire al ribasso, dopo essersi accanita contro il Dragone cinese e Atene? Può darsi. Certo i motivi di preoccupazione non mancano. Il primo riguarda i timori legati alla multa record (18 miliardi di dollari, nel peggiore dei casi) che la casa di Wolfsburg potrebbe essere costretta a pagare negli Stati Uniti per aver truccato i dati sulle emissioni di 500mila vetture. I precedenti, da General Motors a Hyundai, fino a Kia, indicano che difficilmente Vw sarà chiamata a un esborso tanto consistente, ma resta l'incognita delle probabili sanzioni cui dovrà anche far fronte per i 10,4 milioni di auto vendute nel 2014. Poi, vanno considerate le eventuali class action che gli azionisti potrebbero far scattare verso Volkswagen per non essere stati messi al corrente dell'inchiesta Usa, di cui i vertici erano a conoscenza da almeno un anno. Inoltre, le ripercussioni sui bilanci saranno inevitabili (un profit warning è già stato annunciato), con il rischio già paventato da Fitch di un declassamento del rating del colosso tedesco. Minaccia che potrebbe aver consigliato i fondi d'investimento a sbarazzarsi dei titoli. Gli analisti di Credit Suisse calcolano che multe, cause civili e perdita di quote di mercato metteranno sotto pressione i conti del gruppo e a rischio i dividendi.

Ma, più in generale, il mercato teme che lo scandalo Volkswagen sia solo la punta dell'iceberg: se le indagini rivelassero che anche altre case costruttrici hanno taroccato i dati, l'economia mondiale potrebbe sbandare. Tanto più se l'Europa deciderà di adottare regole più stringenti sulle emissioni. Un colpo per il mercato del diesel nel Vecchio Continente, che - si legge nel report di Credit Suisse - ha un peso ben superiore rispetto agli Stati Uniti: 53% delle nuove auto contro lo 0,8% degli Usa.

C'è però chi spiega in altro modo la tempesta, mettendola in relazione con la guerra commerciale tra Usa ed Europa.

L'affaire Vw - dicono - non sarebbe altro che un atto di ritorsione di Washington nei confronti di Bruxelles, che minaccia di tassare i colossi del web come eBay ed Amazon e di punire Google con una multa da sei miliardi.

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