Berlusconi apre alla Lega e chiude per sempre a Renzi

Il Cavaliere sul Mattino traccia le linee guida future: "Con l'ex premier? È finita". Il plauso di Salvini

Berlusconi apre alla Lega  e chiude per sempre a Renzi

Né «possibile», né «desiderabile». Su un futuro governo Berlusconi-Renzi il Cavaliere non è mai stato così chiaro. Ma nell'intervista a Il Mattino chiude a qualsiasi tipo di «collaborazione», prima o dopo il voto, con l'ex premier e il suo Pd. «Il mio obiettivo è vincere, lo ripeto ancora una volta. Non fare accordi al di fuori del centrodestra», dice il leader di Forza Italia.

Di Renzi Silvio Berlusconi parla come di una delusione. Quello diverso da Bersani e D'Alema, «figli di una cultura politica del Novecento sconfitta dalla storia», che voleva essere «un uomo nuovo», ma ha sostituito l'ideologia del comunismo «con una gestione personale del potere fine a sè stessa» e non ha portato il Pd al rinnovamento.

Quanto al «serio e garbato» Paolo Gentiloni, per il Cavaliere il suo governo «ha fatto poco, essendo in condizione di far poco», per la «fragilità» della sua maggioranza e per le divisioni nel Pd. Ma la legislatura, prevede Berlusconi, arriverà alla fine e finalmente sarà il popolo a scegliere.

La porta in faccia ad un Nazareno bis piace a Matteo Salvini, che subito commenta: «Una buona notizia». Il leader del Carroccio lancia segnali dal convegno di Piacenza: la Lega è pronta con una proposta di governo, un programma, una squadra e cerca il confronto. Non porrà veti sull'euro ad alleati, come FI, da sempre poco favorevoli all'uscita dalla moneta unica, ma si accontenterà dell'appoggio alla proposta di messa in discussione dei Trattati Ue.

Berlusconi, grande mediatore del centrodestra, ripete che «l'alleanza con la Lega non è mai stata in discussione» e Salvini concorda. Al di là delle «differenze», spiega il leader azzurro, «abbiamo lo stesso programma». Soprattutto, un'idea in comune: «L'Unione dei burocrati, delle norme inutili, degli egoismi di alcuni Stati va ripensata totalmente, oppure non ha futuro». Il presidente di Forza Italia spiega il programma, con il triplo No a oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria e lotta alla «povertà, autentica piaga sociale».

Insiste, al tempo stesso, su un concetto che il suo alleato del Carroccio, affezionato al maggioritario, non condivide: «Il centrodestra unito con il proporzionale vince». Berlusconi spiega che la scelta è obbligata, perché «non siamo più in un sistema bipolare» e, dopo l'ascesa del M5s, sarebbe sbagliato dare la maggioranza ad «uno schieramento che ha il voto di un terzo degli elettori», cioè un quinto degli italiani, al netto dei non votanti. «Io voglio vincere le elezioni e portare il partito sopra al 30 per cento - dice il Cav - non grazie ad una legge elettorale distorsiva, ma in forza di una che assegni il governo alla maggioranza vera degli italiani». La riforma elettorale, dunque, deve ripartire dall'accordo raggiunto alla Camera prima delle amministrative, su un sistema proporzionale di tipo tedesco. Quello che in Germania e in Spagna «ha reso comunque possibile un assetto storicamente bipolare». Chiede il Cav: «Se allora quell'accordo andava bene alle maggiori forze politiche, perché non dovrebbe andare bene oggi? Solo per un incidente parlamentare rimediabile?».

Ma c'è anche la questione leadership a dividere Berlusconi e Salvini. Quando chiedono al Cav perché ha fatto i nomi di Marchionne, Marcegaglia, Calenda come possibili premier, sottolinea che erano «degli esempi», per dire che la politica deve aprirsi alle «migliori energie della società civile».

Anche qui arriva la risposta a distanza di Salvini: «Non vado a caccia del futuro premier.

Per me chi guiderà il Paese deve essere l'allenatore di un'ottima squadra: non mi interessa cercare Maradona, Marchionne, Calenda, Montezemolo, Draghi, Donnarumma...». Poi conclude: «Mi sento pronto. Non penso che occorra andare a cercare all'estero qualcuno che possa governare questo Paese».

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