Berlusconi frena Verdini Congelate le polemiche

Nel faccia a faccia il leader chiede conto del documento dei 17 e dell'ipotesi gruppi separati. Il capo dei nazareni fa retromarcia ma difende le riforme: "Torneremmo a essere centrali"

Paolo Romani, Donato Bruno e Denis Verdini nell'Aula della Camera
Paolo Romani, Donato Bruno e Denis Verdini nell'Aula della Camera

Il mantra di Berlusconi non cambia e lo dice in faccia a Verdini, guida dei cosiddetti «nazareni», in un incontro che voleva essere chiarificatore: «Denis, dobbiamo stare uniti. Cos'è questa storia del documento dei 17 e dell'ipotesi di scissione?», domanda seccato l'ex premier. Dall'altra parte il principale fautore del patto del Nazareno con Renzi smussa sull'ipotesi di fare dei gruppi autonomi; nega, la lascia sullo sfondo come possibile minaccia per portare a casa il risultato. Quale? I suoi obiettivi sono molteplici: riallacciare i rapporti col governo su riforme e legge elettorale; impedire che Forza Italia si appiattisca sulla Lega; ma soprattutto tornare a essere centrale nelle decisioni del partito, specie sugli organigrammi. Tradotto: poter ancora dire la propria in fase di composizione delle liste; e questo, ovviamente, a scapito di Mariarosaria Rossi, potentissima senatrice che arrivò ad attaccare frontalmente Denis definendolo, assieme a Gianni Letta, «duo tragico». Lo scontro, oltre che con Brunetta, è anche e forse soprattutto con la tesoriera di Fi. Berlusconi ascolta le recriminazioni di Verdini alla presenza di Gianni Letta e di Fedele Confalonieri, le ipercolombe azzurre. Sulla linea politica, ossia su una riesumazione del patto del Nazareno, il Cavaliere è cauto: «Non è che posso cambiare idea ogni due per tre». Verdini non forza la mano: sa che l'ennesima «inversione a U» nel giro di pochi giorni sarebbe impensabile e pure dannosa per il partito. «Prendi i tuoi tempi però ascoltaci, presidente. Non c'è fretta; intanto le riforme adesso vengono messe in frigorifero per tre mesi prima che se ne ridiscuta al Senato; ma non chiudere tutte le porte con il chiavistello, pensaci su. Torneremmo centrali. Fidati». Berlusconi ascolta, riflette. «Sì ma dobbiamo restare tutti uniti. Già c'è Fitto che si muove autonomamente; Denis, non farlo anche tu». Un faccia a faccia di due ore che si chiude in maniera interlocutoria.

«Unità» è la parola chiave che ripete il Cavaliere e su cui ha puntato anche in una colazione di lavoro con il presidente del Ppe Joseph Daul, ospite a Palazzo Grazioli. Daul gli fa i complimenti per la fresca assoluzione: «Mi congratulo con te presidente...»; e l'ex premier: «Grazie. È stato un incubo ma finalmente ora è finito. Hanno infangato me ma anche il ruolo del presidente del Consiglio e l'immagine e la credibilità dell'Italia all'estero». Poi si parla della grande famiglia del centrodestra e il Cavaliere rassicura Daul: «Io ho sempre lavorato per unire tutte le forze di centrodestra e lo sto facendo anche ora in vista delle prossime elezioni regionali. Naturalmente partendo dai partiti che fanno parte della grande famiglia del Ppe».

Assieme a Daul e consorte, anche Giovanni Toti, Deborah Bergamini, Antonio Tajani, Lara Comi, Elisabetta Gardini, Sestino Giacomoni e Valentino Valentini. Poi si parla di terrorismo, immigrazione, politica estera ed economia. E il Cavaliere torna su questioni nazionali: «Renzi? È bravo a comunicare. Tutto qui. Io resto all'opposizione».

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