F orza Italia fa muro: niente Renzi bis, niente larghe intese, tavolo per scrivere una legge elettorale e poi al voto. Berlusconi invece tace. Parlerà dopo essere salito al Colle domani, assieme ai due capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Romani.
Il silenzio del Cavaliere non copre i rumors di palazzo secondo cui in queste ore sia partito un pressing per convincerlo a dare un «contributo» per la soluzione della crisi. L'obiettivo primo del Quirinale è evitare che la crisi si avviti su se stessa. La matassa va quindi sbrogliata in fretta. Ed è ovvio che tra tutte le forze attualmente all'opposizione Forza Italia sia quella meno refrattaria ad avere un «atteggiamento responsabile».
Ma fino a che punto? Il Cavaliere non vuole in alcun modo dare una ciambella di salvataggio a Renzi. Di lui non si fida più. Ma sarebbe la stessa cosa se a guidare l'esecutivo sia un altro? Di certo non arriverà il soccorso se quel qualcuno fosse il ministro Padoan, troppo compromesso con il renzismo. Ma se si trovasse un altro nome per un «governo istituzionale»?
Gli azzurri negano con forza che Berlusconi possa smussare la sua linea. Paolo Romani giura su Twitter: «Sia chiaro una volta per tutte. Nessun inciucio con chi ha perso il referendum. Nuova legge elettorale e poi al voto».
Giovanni Toti, che però rappresenta l'ala più filolega dei forzisti gli fa eco: «Diciamo no al governo di responsabilità perché aggiungerebbe solo confusione a una situazione già confusa. A questo punto, si faccia un governo che ha una maggioranza politica e i partiti si siedano attorno a un tavolo per cambiare legge elettorale». A ruota Brunetta: «Da Forza Italia nessuna fiducia ad alcun governo. Matteo Renzi vada a casa, il Pd garantisca un nuovo governo, e dopo nuova legge elettorale si vada al voto».
Tuttavia, se Mattarella non riuscisse a risolvere il rebus assieme a Renzi e ai partiti di maggioranza, è certo che le pressioni sul Cavaliere aumenterebbero.
Sul tavolo di un'eventuale trattativa piomberebbe, ovviamente, la legge elettorale. Il leader di Forza Italia chiederebbe con forza il proporzionale. Un po' perché ora il sistema politico è tripolare; un po' perché è il sistema che garantirebbe meglio la rappresentatività; ma soprattutto perché col proporzionale ci si svincola dall'abbraccio soffocante di Salvini e Meloni. I partiti correrebbero da soli o al massimo in coalizione ma mantenendo le proprie identità.
Un'altra questione non separata dalle possibili trattative è quella relativa alla sentenza della Corte di Strasburgo. Gli eurogiudici non si sono ancora espressi perché manca il contro-dossier di palazzo Chigi sul ricorso al verdetto che lo ha reso incandidabile. E la rinnovata agibilità politica è una carta a cui l'ex premier tiene molto.
C'è chi sostiene, tuttavia, che se l'ex premier dovesse cedere e contribuire a far nascere un governo di grosse koalition con il Pd Forza Italia esploderebbe. «Un conto è essere responsabili, riscrivere assieme la legge elettorale, non aizzare la piazza chiedendo il voto subito che peraltro non è possibile come fa la Lega - confessa un parlamentare -; un altro conto è riesumare un patto del Nazareno in minore che i nostri elettori non capirebbero. Il Cavaliere non mischierà più i suoi voti con il Pd. Questo è poco ma sicuro».
Non solo: c'è chi ricorda la recente nota ufficiale scritta a poche ore dalle dimissioni di Renzi. Lì si disse che spettava al Pd, che ha ancora una maggioranza in Parlamento, togliere le castagne dal fuoco.
E qualche giorno dopo l'intero partito, riunitosi prima a palazzo Madama e poi a Montecitorio, si trovò straordinariamente unito e compatto sulla linea del «nessun inciucio». Di certo c'è che il Cavaliere è tornato più centrale che mai.
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