Ore contate per i vertici Consip: il governo, a quanto trapela, potrebbe procedere nelle prossime ore alla rimozione dell'ad della Centrale unica degli acquisti, Luigi Marroni.
Si spiega così anche l'improvvisa accelerazione parlamentare sulla faccenda, che aveva visto ieri l'annuncio di una mozione del gruppo Pd al Senato con cui, dopo una serie di considerazioni sull'inchiesta giudiziaria in corso, il partito di maggioranza chiede al governo l'impegno a «procedere in tempi celeri e solleciti al rinnovo dei vertici della Consip coinvolti nei fatti, al fine di garantire la piena funzionalità della società e il raggiungimento degli importanti obiettivi ad essa affidati», anche al fine di «salvaguardare l'immagine della società, anche tutelandone il profilo di azienda pubblica, e di promuovere il rilancio della stessa intorno ad un management qualificato ed estraneo alla vicenda giudiziaria in corso». Secondo i grillini è «un tentativo di coprire Lotti», il ministro tirato in ballo da Marroni. Avrebbe dovuto essere una mozione di maggioranza, ma la bersaniana Mdp si è rifiutata di firmarla, preferendo giocare di sponda con il centrodestra.
La mozione è stata presentata solo ieri, alla vigilia del dibattito previsto per martedì prossimo nell'aula di Palazzo Madama, su un documento delle opposizioni (primi firmatari i senatori di Idea) che sottolineava il venir meno del rapporto di fiducia tra governo e management di Consip. Una mozione, dicono in Senato, che rischiava di passare con i voti delle opposizioni e dei bersaniani di Mdp, e di far apparire il ricambio ai vertici di Consip come una sconfitta per maggioranza e governo. Di qui l'accelerazione, con l'annuncio della mozione e le voci di un possibile gioco d'anticipo dell'esecutivo. Se i vertici Consip salteranno prima di martedì, il voto delle mozioni diventerà del tutto superfluo e il dibattito verrà azzerato.
Ieri intanto il presidente di Consip Luigi Ferrara è stato ascoltato come persona informata sui fatti dalla Procura di Roma, che indaga sulla fuga di notizie relative all'inchiesta, e che ha scoperto i numerosi presunti falsi commessi dagli investigatori napoletani agli ordini del pm Woodcock, nel tentativo di coinvolgere il padre dell'allora premier Renzi. Che ieri è tornato sulla torbida vicenda: «Se vogliono farci fuori, lo facciano con voti veri, e non con prove false».
Intanto continua il gran polverone estivo su alleanze, coalizioni, nuovo centrosinistra, vecchio Ulivo e chi più ne ha più ne metta. A Romano Prodi e agli altri padri nobili che vorrebbero mettere sotto tutela il suo partito Renzi manda un messaggio chiaro: «Il punto chiave nel dibattito sulle alleanze è: prima ci mettiamo d'accordo sulle cose da fare, poi discutiamo».
Per evitare il rischio «Unione», dice Renzi, prima di allearsi serve sintonia sulle cose da fare: «Siamo d'accordo sul ridurre le tasse? Sul fare una battaglia in Europa? Sui diritti? Sul lavoro? O pensiamo di discutere per mesi di alleanze a livello teorico per riempire i giornali?». Ma l'adesione di Pisapia alla manifestazione anti-Jobs Act della Cgil fa capire che la sintonia è assai lontana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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