Roma A telecamere spente e internet acceso i giochi di prestigio di Beppe Grillo raggiungono nuovi picchi di ingegno. In poche ore il «mister» della squadra pentastellata mette in campo un paio di trucchetti che confermano quanto sia sofisticata la guida del Movimento. Grillo e i suoi sono in grado di usare i trucchi da vecchia politica con una mano e denunciare la vecchia politica con l'altra. In queste ore, ad esempio, i grillini invocano una corsa al voto accelerata che porti alle urne il 10 settembre. La fretta serve vendere in campagna elettorale un efficace slogan anti casta. Grillo infatti ha specificato di preferire la data del 10 settembre perché accorcia la legislatura sotto ai quattro anni, sei mesi e un giorno, cioè la soglia fa maturare la pensione ai parlamentari. Per chi è al primo giro, si tratta di 800 euro, da erogare al compimento dei 60 anni di età. C'è ancora qualche residuo privilegio (ad esempio l'età pensionabile) ma il punto vero è che si tratta di un bluff. La scadenza per maturare gli assegni previdenziali sarebbe il 15 settembre, ma anche votando il 10 non cambierebbe nulla: la pensione arriverebbe lo stesso. Non solo perché a fronte di un periodo contributivo mancante molto ridotto, il singolo onorevole potrebbe versare qualche centinaio di euro e riscattare il suo diritto all'assegno. Ma anche perché i parlamentari restano in carica fino all'insediamento delle nuove Camere. Che richiede sempre qualche giorno di tempo dopo le elezioni. Nel 2009 ad esempio, si votò, il 13 e il 14 aprile, ma ci vollero due settimane prima che la legislatura iniziasse effettivamente. E nel 2013 con le urne aperte il 24 e chiuse il 25 febbraio, le Camere entrarono in funzione solo il 15 marzo. L'anticipo del voto per «scippare» le pensioni agli onorevoli dunque è un'altra illusione buona per sostenere la parte del movimento non politico, che spara sui politici di professione. Anche senza scomodare le ultracitate fake news, di vero c'è poco.
Così come regge sempre meno la posa dell'anti politica. La svolta repentina dell'M5s, che in pochi giorni è passato dalle barricate ad accettare il «sistema tedesco» proposto da Forza Italia specificando, purché sia «quello vero». In realtà, dopo aver verniciato la propria proposta con la solita patina del voto internettiano del movimento, convocato talmente all'improvviso da essere ancor meno credibile del solito, Grillo ha invocato un paio di trucchi assolutamente degni non della vecchia politica da Seconda repubblica, ma della Prima. I grillini vorrebbero infatti che i seggi venissero ripartiti attraverso il metodo D'Hondt, architrave del Senato in epoca Dc.
Si tratta di un sistema proporzionale che, combinato con la soglia di sbarramento al 5%, danneggia i piccoli partiti favorendo i grandi col sistema dei resti. In più il M5s vorrebbe un premio di maggioranza per chi raggiunge una certa soglia, il 34 o il 40%. Ecco, il sistema tedesco, quello vero, è un'altra cosa.
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