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Bond delle spa statali Il trucco per sfondare il tetto agli stipendi

Non c'è che dire, ormai la moda è stata lanciata. Nell'eterogeneo mondo della società pubbliche controllate dal ministero del Tesoro è tutto un fiorire di bond. Nel senso che si vanno facendo sempre più consistenti i casi di aziende che decidono di emettere obbligazioni. Si pensi all'Enav, l'ultima in ordine di tempo ad aver annunciato l'operazione. Oppure alla Rai, che ha manifestato la stessa intenzione solo qualche giorno prima. Sulla carta la giustificazione economica non manca: c'è chi dice di voler arrivare preparato alla fase di privatizzazione, e chi sostiene di aver bisogno di sostituire vecchi debiti con altri di più facile gestione. Elementi che saranno anche veri. Come sempre, però, il diavolo si nasconde nei dettagli. E nessuna di queste società dice che con l'emissione di obbligazioni c'è la possibilità di sottrarsi alla tagliola dei 240mila euro di tetto agli stipendi pubblici stabilito un anno fa dal governo di Matteo Renzi.

L'esito, del resto, è il frutto più o meno «avvelenato» di un'incredibile serie di decreti, commi e cavilli che sull'ormai famoso tetto si sono affastellati proprio per avvolgerne l'applicazione nella nebbia. E per creare le premesse di vaste aree di eccezione.

L'ultima a scendere in campo è stata l'Enav, la società che controlla il traffico aereo. Da sette mesi in attesa di un nuovo ad, l'azienda giusto due giorni fa ha deliberato una riduzione di capitale sociale per 180 milioni. Contestualmente, ha comunicato la società, è stato dato avvio al «processo per l'emissione di un prestito obbligazionario». Tale operazione «soprattutto rappresenta un passo importante verso la privatizzazione, utile ad accreditare l'azienda presso i mercati finanziari». Ora, in base al combinato disposto del decreto legge 201 del 2011 (governo Monti), del decreto legge 69 del 2013 (governo Letta), del decreto legge 66 del 2014 (governo Renzi) e di un comunicato esplicativo diffuso il 28 marzo 2014 dal Tesoro guidato da Pier Carlo Padoan, viene fuori che dall'applicazione dei vari tetti di stipendio previsti per le società del ministero (a seconda della fascia in cui sono inserite) sono escluse le società quotate e quelle che «emettono titoli negoziati su mercati regolamentati». In pratica le obbligazioni.

In questo bel pertugio si inserirà anche la Rai, visto che qualche giorno fa ha annunciato l'emissione di un bond da 350 milioni che dovrebbe essere quotato a Dublino. In questo caso la «ratio» economica è che l'azienda sostituirà vecchi debiti bancari, che hanno un tasso di interesse più penalizzante, con un nuovo debito contratto a condizioni di tasso più vantaggiose. Per carità, la società televisiva risparmierà pure. Ma il successore di Luigi Gubitosi, che non molto tempo fa si è ridotto lo stipendio proprio a 240mila euro, potrà tranquillamente sfondare la soglia. Così magari, nel quadro della riforma della governance, sarà più facile reperire un nuovo ad.

Così come sarà più semplice reclutare il nuovo ad dell'Enav, che forse anche per questo latita da 7 mesi.

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