Bossetti vede la madre. E le crede

Prima visita in cella con marito e sorella. Nonostante il Dna, la donna insiste: non sei un figlio illegittimo

Bossetti vede la madre. E le crede

Maglietta, pantaloncini, scarpe da ginnastica. Il volto tirato e cinque chili in meno di quando gli strinsero le manette ai polsi, quarantanove giorni fa. Mentre lavorava in cantiere.

Il 2 agosto di Massimo Giuseppe Bossetti, non è di vacanza. È in carcere, quello di Gleno, Bergamo. Eppure, anche se per poco, ha il sapore di un viaggio. Di un ritorno a casa. Del piacere di un abbraccio forte di chi si ama e che finalmente si rivede, si tocca, si stringe dopo troppo tempo di lontananza. Quasi a riconoscersi, annusandosi.

Il presunto mostro, l'uomo che in una gelida sera d'autunno del 2010, secondo l'accusa di un'indagine «monstre», avrebbe ucciso Yara Gambirasio, non ha più la faccia abbronzata. Gli occhi color glauco- per tutti di ghiaccio- sono appannati. Dalle lacrime. Di fronte, il muratore di Mapello, stavolta ha sua madre, Ester Arzuffi, le rughe di una donna che un tempo fu bella e seducente. La stessa che per una vita gli avrebbe mentito. Accanto Giovanni, malato e più stanco dei suoi anni, l'ignaro uomo che per quasi mezzo secolo, Massimo ha creduto essere suo padre. E vicino c'è pure sua sorella gemella, Laura Letizia. Due fratelli che lo scorso giugno, hanno scoperto da polizia e carabinieri, che no, il loro papà naturale non era Giovanni ma un autista di bus di Gorno con il quale la mamma avrebbe tradito il marito. Un amante: Giuseppe Guerinoni, morto a 61 anni nel 1999.

Quale la verità? Quella del Dna- che per la scienza non può mentire- o quella di Ester che ripete e giura che quei gemelli furono il frutto solo dell'amore coniugale? Che mai lei ebbe rapporti con il guidatore del pullman che prendeva per andare al lavoro.

Gli avvocati della difesa chiederanno presto di ripetere il test genetico. «Non si può escludere il margine di errore», spiega il legale di Bossetti, Claudio Salvagni, sempre più convinto dell'innocenza del suo assistito. «Stiamo analizzando casi simili in cui i test del Dna non arrivavano alla certezza. Anzi attribuivano la paternità a due persone diverse». Lui sta preparando una partita a scacchi che si preannuncia lunga. L'accusa del resto, non può ancora pronunciare il fatidico «scacco matto». Ad identificare come «ignoto 1», e quindi come assassino della tredicenne di Brembate, il muratore tutto casa e lavoro c'è solo quella traccia ematica trovata sui leggins della vittima. Per il resto solo quelli che l'accusa definisce indizi ma che per la difesa risultano semplici sospetti.

«In questa storia non mancheranno colpi di scena», promette l'avvocato.

Ieri Massimo Bossetti avrebbe pregato a sua madre di dirgli la verità. Un colloquio a quattro durato dalle 10 alle 11 in una saletta della prigione. L'aveva detto Bossetti al gip Ezia Maccora, subito dopo l'arresto, durante l'interrogatorio di garanzia: «Chiederò a mia madre se sono davvero figlio di Guerinoni». E lei gli avrebbe ripetuto la sua versione: non ho mai tradito mio marito.

L'avvocato Benedetto Maria Bonomo, nominato da Ester Arzuffi per tutelare la famiglia, si limita a un laconico «sono tutti molto uniti: non c'è stato nessun momento di tensione, ma solo commozione perché tutti credono nell'innocenza di Massimo».

Ma Massimo crede a sua madre? Chi l'ha visto dopo il faccia a faccia coi genitori parla di un uomo «rinato, rigenerato» che continua a proclamare la propria innocenza e «pronto a lottare per dimostrarla».

Il caso, davvero, non è chiuso.

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