Tutti pagheremo il conto della Brexit. Per l'Italia la stangata è stimata tra i 3,2 e i 4 miliardi di euro l'anno, cioè grosso modo la «manovrina» pari allo 0,2% di Pil che il governo si appresta a varare. L'unica cosa che resta da stabilire sarà la modalità con cui saldare la parcella: più tasse oppure meno investimenti.
«L'assenza di un accordo con Londra avrebbe conseguenze ancor più gravi», ha spiegato Michel Barnier, capo negoziatore della secessione britannica per conto della Commissione Ue. Le analisi fanno riferimento a uno studio pubblicato dall'Istituto Jacques Delors che esamina le conseguenze della Brexit a seconda dei differenti scenari possibili. Bruxelles punta a far rispettare al governo britannico gli accordi di compartecipazione al bilancio Ue fino al 2020 nonostante l'uscita sia calendarizzata per l'anno precedente. Il vero problema, però, è cosa accadrà con la successiva programmazione settennale 2021-2027. Alle casse comunitarie verranno meno 10 miliardi di euro di contributi netti all'anno (17 miliardi includendo gli investimenti in Gran Bretagna). Non sono bruscolini perché corrispondono al 20% delle dotazioni dei fondi di coesione, al 20% della politica agricola comunitaria o all'intero stanziamento annuale per i programmi Erasmus.
La ricerca dell'Istituto Jacques Delors prefigura sostanzialmente tre possibilità: copertura dell'ammanco, taglio del budget o una sintesi delle prime due. Nel primo caso, se non si volessero tagliare gli investimenti, bisognerebbe aumentare di 17 miliardi di euro (119 miliardi in 7 anni), come detto, il bilancio dell'Ue a 27 tramite i due canali standard di finanziamento: i contributi dei singoli Stati sulla base del Pil e la compartecipazione al gettito Iva. Questo vorrebbe dire che gli Stati come Germania, Francia e Italia dovrebbero versare dal 20 al 25% di quanto fanno oggi.
Se, invece, il bilancio fosse ridotto, la spesa sarebbe minore, ma anche i programmi di investimento - come visto - subirebbero un taglio non indifferente.
Se poi Londra decidesse di non onorare gli impegni fino al 2020, sarebbero a rischio anche i fondi di coesione di questa tornata che, in molti casi, non sono stati impegnati per via della programmazione effettuata all'ultimo minuto (soprattutto nel nostro Paese).Insomma, quei 3-4 miliardi potrebbero mancare all'appello prima di quanto si possa immaginare e le Regioni (Lombardia e Veneto in testa) già se ne preoccupano.
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