La caduta di Mosul porterà a un'invasione di jihadisti in Europa

L'operazione contro il Califfato è necessaria ma ci troveremo in casa molti terroristi

La caduta di Mosul  porterà a un'invasione di jihadisti in Europa

Spiegato in soldoni è soltanto il vecchio e banale effetto palloncino. Lo premi da una parte e lui si gonfia dal lato opposto. Ma se il palloncino messo sotto pressione a Mosul è lo Stato Islamico allora il rischio è veder risputati in Europa i jihadisti fuoriusciti dal Vecchio Continente. E non è un rischio da poco. «Anche una piccola parte di loro rappresenta un serio problema» - spiega in un'intervista al quotidiano tedesco Die Welt il commissario europeo per la sicurezza Julian King. Secondo le stime dei servizi europei intorno alla capitale irachena del Califfato operano attualmente almeno 2500 jihadisti con legami europei. Quei duemilacinquecento fanatici rappresentano una doppia minaccia.

Una piccola parte di loro potrebbe già esser stata selezionata per rientrare nelle città d'origine e mettere a punto attentati di rappresaglia in concomitanza con l'assedio di Mosul. Altri potrebbero invece tornarsene a casa dopo la caduta della roccaforte irachena e dar vita a nuove cellule all'interno del continente. Il problema più imminente è l'infiltrazione di gruppi operativi pronti a colpire capitali e città europee nelle prossime settimane. Una minaccia da cui non sono esenti le città italiane. L'impegno profuso nell'addestramento dei peshmerga curdi, nella difesa della diga di Mosul e nelle operazioni di soccorso aereo ai feriti della coalizione fanno infatti dell'Italia un potenziale obbiettivo.

La cabina di regia di queste operazioni non è, però, Mosul, dove i comandanti del Califfato sono impegnati a fronteggiare l'assalto della coalizione, ma Raqqa, ovvero la capitale siriana del Califfato. Lì opera la cellula, conosciuta con l'ossimoro arabo di «Emni», responsabile delle attività di tipo prettamente terroristico condotte al di fuori del Califfato. È stata «Emni» a guidare, nell'ultimo anno, gli attacchi di Parigi e Bruxelles e a seguire l'infiltrazione di numerosi jihadisti di ritorno in Austria e Germania. Ed è stata sempre «Emni» a coordinare lo sfruttamento mediatico degli attacchi messi a segno dai lupi solitari entrati in azione in Francia e Germania. Ultimamente non è, però, al culmine dell'efficienza. L'eliminazione - ai primi di settembre - di Abu Mohammad Al Adnani, il portavoce dello Stato Islamico considerato la mente di tutte le «operazioni esterne» sembra aver rallentato la macchina del terrore. Adnani, oltre ad essere il solo all'interno dell'organizzazione a conoscere i nominativi di tutti i militanti infiltrati in Europa era uno dei pochi a controllare un mosaico operativo composto da cellule, appartamenti, arsenali e depositi di esplosivi disseminati nei paesi europei. La diminuita efficienza operativa potrebbe venir compensata chiamando all'azione un maggior numero di «lupi solitari».

La loro attivazione e soprattutto la loro propensione a colpire ed immolarsi per il Califfato verrebbero innescate proprio attraverso la diffusione delle immagini dell'assedio di Mosul. Un assedio descritto nei messaggi di propaganda come un impari lotta tra le forze «infedeli» - forti di oltre 50mila uomini ed appoggiati da aerei, elicotteri, carri armati ed artiglieria ed il manipolo di 5/6mila jihadisti chiusi nella morsa di Mosul. Dopo la caduta dovremo invece preoccuparci del rientro dei jihadisti sopravvissuti alla battaglia. I più tenaci e irriducibili potrebbero tentare la costituzione di cellule nelle zone d'origine. Gli altri potrebbero semplicemente riconoscere la sconfitta e tentare di reintegrarsi nella società. In ogni caso l'allarme lanciato dal Commissario europeo alla Sicurezza fa capire che un'eventuale caduta di Mosul non determinerà l'automatica scomparsa del Califfato.

Al pari di quanto successe nel 2001 dopo la sconfitta di Al Qaida in Afghanistan, il Califfato continuerà ad operare grazie alla sua costola siriana e alla componente asimmetrica ed invisibile costituita dalle cellule dormienti e dalle ramificazioni virtuali costruite sulla rete. Per non parlare della fitta rete di sostenitori e finanziatori con base in Arabia Saudita e Qatar che in tutti questi anni hanno contribuito a finanziare lo Stato Islamico.

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