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Cambia la prescrizione: basta processi infiniti. Cancellati 5s e Cartabia

Accordo raggiunto, il sistema viene semplificato. In caso di assoluzione si avvantaggia l'imputato

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Rottamata la riforma grillina, in soffitta anche quella firmata da Marta Cartabia, ministro con Draghi. Il vertice governativo di lunedì sera sulla giustizia partorisce la nuova norma sulla prescrizione: ovvero su uno dei tasti più dolenti del sistema-giustizia, da sempre al centro di polemiche e di battaglie di bandiera. La scelta della maggioranza, che ha già incassato anche il sostegno esterno di Azione!, è netta: consentire alla magistratura un tempo ragionevole per portare a compimento i processi, ma impedire che decine di migliaia di cittadini restino sospesi a tempo quasi illimitato nel limbo delle aule, invischiati in processi di durata inaccettabile. Una tutela particolare viene riservata agli innocenti, messi in parte al riparo dall'accanimento dei ricorsi delle Procure.

Il testo concordato dai tre partiti di governo è contenuto in un emendamento già depositato alla commissione Giustizia della Camera con la firma del relatore di maggioranza Andrea Pellicini e del calendiano Enrico Costa. Da un lato risponde alle insofferenze che anche all'interno della magistratura sono venute in questi anni contro la riforma Cartabia, che stoppava i processi - tranne che per i reati più gravi - se entro due anni dalla sentenza di primo grado non si fosse celebrato l'appello: un meccanismo pasticciato, frutto di estenuanti mediazioni nella composita coalizione del governo Draghi, e di fatto inapplicabile. Ma dall'altro spazza via il cuore della riforma del ministro grillino Alfonso Bonafede, che congelava all'infinito la prescrizione dopo la sentenza di primo grado: sistema considerato barbaro da numerosi giuristi, oltre che in contrasto con Costituzione e direttive europee.

Di fronte alla complessità quasi inestricabile della riforma Cartabia, la prescrizione targata centrodestra avrà il pregio della semplicità. I termini di prescrizione del reato rimangono quelli tradizionali fissati dal codice, e l'unica sospensione prevista è in caso di condanna: se in primo grado l'imputato viene riconosciuto colpevole, il decorso della prescrizione si può fermare per un massimo di due anni; se viene condannato in appello, il tempo si ferma per un altro anno per dare tempo alla Cassazione di pronunciarsi. Ma se questi termini non vengono rispettati o se arriva una assoluzione, le lancette tornano indietro a favore dell'imputato e la prescrizione si torna a calcolare dalla data del reato.

Negli ambienti governativi si fa presente che il testo così formulato ha, rispetto alla norma targata Cartabia oggi in vigore, un altro pregio: tornando a calcolare la prescrizione in base alla gravità del reato si rende più difficile che vengano cancellati delitti odiosi, che invece oggi beneficiano della «improcedibilità» introdotta dal ministro di Draghi.

Ora la riforma governativa dovrà affrontare i tempi, non brevissimi, dell'iter parlamentare del «pacchetto Giustizia» in cui è stato inserito. L'iter è reso complicato dalla diversità di idee su alcuni pezzi importanti del pacchetto di Nordio, come la norma sulle intercettazioni. Ma almeno sulla prescrizione l'accordo adesso è fatto, e neanche su questo era scontato che i tre partiti trovassero un'intesa. «Abbiamo raggiunto un accordo che raccoglie le istanze di Forza Italia», dice il capogruppo azzurro Paolo Barelli, ma anche FdI e Lega, oltre ad Azione!, sembrano ritenere questo testo una mediazione ragionevole ed efficace.

Anche se quando entrerà in vigore dovrà inevitabilmente fare i conti con il caos causato da tre modifiche varate nell'arco di quattro anni.

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