La capitale del «No»

La capitale del «No»

Nelle ultime ore nessuna notizia di grandine e affini su Torino. Ciò nonostante la città ha perso il salone dell'Automobile, come aveva suggerito il nuovo metereologo dei grillini, Montanari Guido, socio della Ferrero, che non è la casa dolciaria, bensì trattasi di Viviana, detta Vivi e basta, pure lei atta a demolire qualunque proposta che non provenga dal proprio ballatoio ideologico. Dunque, come era accaduto nel famoso e vituperato Ventennio, il Salone trasloca a Milano, secondo suggerimento, con un cìcìcìn di disprezzo, il suddetto vicesindaco di una città che sta sciogliendo il trucco dei Giochi invernali del duemila e sei per vestire panni usati e lerci. Il Valentino torna a essere un territorio di chiunque, Montanari, che ha fatto gli studi allo scientifico di Alessandria per laurearsi poi in Architettura e diventare docente della stessa, ritiene che l'esposizione di autovetture contribuisca al degrado del sito e, infatti, ha minacciato di inviare i civich, i vigili urbani, per appioppare multe a destra, se non a manca. Già aveva respinto la riqualificazione di Italia '61 e quella della Città della Salute, facendo queste parte delle proposte normali di Piero Fassino dunque, per l'architetto, tutta roba per la quale farsi due risate.

A Torino gente del genere viene soprannominata (se avete pensato a balengo siete fuori traiettoria ma non del tutto) fafioché, nel senso che parla e parla e non combina mai nulla di serio. Svanito il Salone, che faceva parte della storia e della geografia e pure della grammatica torinese (parco del Valentino, Biscaretti, Agnelli, Anfia), non c'è stata partita nemmeno per le Olimpiadi invernali, prese alla grande da Milano e Cortina, perché Appendino e la sua orchestra, come la Raggi e il clan romano, hanno ritenuto inutile, inopportuna, sciocca la candidatura. Massì, andiamo avanti così, via il salone dell'auto e quello del libro, magari via il giandujotto e il tramezzino d'annunziano, via la Juventus (ci siamo quasi) e via il Torino di Cairo che sta a Milano, via la ciurma di ultras che è cosa ben diversa dai simpatico goliardi dei centri sociali. Del resto Piazza San Carlo, teatro tragico, per la giunta pentastellata, di una notte di champions perduta, fu anche il palcoscenico di un memorabile Vaffa Day con Beppe Grillo in forma mussoliniana. Senza dimenticare il No Tav che fa parte ormai del dialetto piemunteis, frequentato dalla Ferrero di cui sopra e dalle sue coorti e corti. NO, dunque, come le due ultime lettere della città, NO a tutto ciò che possa, potrebbe rappresentare la novità oppure la tradizione, il rispetto della storia, perché il salone dell'auto, al di là di modifiche nell'allestimento e nella cosiddetta e male-detta location, è stato un punto di riferimento per intere classi scolastiche, in gita premio dinanzi a vetture scintillanti, con la mattinata riempita, poi, da un film in tivvù, per la sola zona di Torino, roba in bianco e nero che però rappresentava la fiera dei sogni, in una settimana di festa. Hanno voluto togliere anche questo balocco, perché il Montanari una ne fa (non so quale) e cento ne pensa (anche più di mille) e ha avuto il coraggio di don Abbondio, tirando fuori il solito alibi, lui, vicesindaco, architetto, docente «è stato travisato, strumentalizzato, voleva dire ben altro».

Lui non è Bernacca e nemmeno Giuliacci, lui la grandine non sa nemmeno da dove provenga e dove si diriga e lui, come le altre bandiere o banderuole, giura di avere a cuore l'interesse dei cittadini. Tuttavia non ha precisato di quale città.

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