Caro uomo ti scrivo...

Cara traditrice, hai ingannato me e anche te stessa

Il ricordo di quei momenti è stato per lungo tempo una ferita, ma in fondo mi hai restituito il possesso della mia esistenza

Cara traditrice, hai ingannato me e anche te stessa

Cara traditrice,

ricordo tutto: le corse, l'ardore, l'amore e i nostri viaggi immaginari in quel covo segreto, fatti di cibo e di immaginazione. Ricordo quanto ci amavamo o, quantomeno, credevamo di farlo pazzamente. O meglio, lo pensavo io, imbrigliato nella tua tela di donna sensuale e insoddisfatta, che solo con me si sentiva una femmina vera. Dicevi. E che femmina. Dicevo. Mi scrivi adesso, dopo tanto tempo, dopo che il destino ci ha fatto incontrare ancora una volta e ancora in quel modo, e stai percorrendo la strada che noi uomini scartiamo a priori: lo sai bene, se ci mettete davanti a un bivio, di sicuro quello del rimorso per noi è un senso vietato. Impraticabile. Ma per voi donne no: c'è sempre un prima, un motivo per fare certe cose, e un dopo, un motivo per rimpiangere cosa si è fatto. Qualunque cosa sia.

Anche tu, che scrivi adesso, ad un certo punto della tua lettera, di non aver fatto mai scelte di cui pentirti, di non aver mai fatto volontariamente del male a qualcuno. Prima. E invece poi l'hai fatto, perché quando abbiamo cominciato ad amarci sapevi bene a che cosa andavi incontro (una donna lo sa sempre, no?) e perché quando hai deciso di dire basta lo hai fatto solo per te, per far tacere i tuoi sensi di colpa di donna travolta da un insolito destino. Insolito poi...

Cara traditrice, ecco il punto. Certo, il ricorso di quei momenti, del piacere così intenso da sembrare unico, delle sigarette e di Michael Jackson, di quel giro del mondo culinario che non era poi che un altro modo di donarmi a te, sono stati per lungo tempo una ferita. Ma non per quello che credi tu, perché per noi uomini l'amore è una sorta irrazionale di possesso e quel che ci fa impazzire, piuttosto che la cosa in sé, è il fatto di non averla più. Perché in cuor nostro sappiamo - sapevo - che una donna che tradisce così, che si vergogna di farlo, non potrà mai essere padrona di un amore completo. Sarà sempre a metà di quella giornata divisa tra la mattina della felicità e il pomeriggio di pentimento. In mezzo a quell'ondata di sensi irrefrenabili scatenati dalla paura di essere scoperta e la logica di non voler più uscire di casa affinché fossi io a fare il passo definitivo, quello di cui - questo sì - si sarebbe alla fine pentita.

E infatti alla fine così è stato e di questo ti ringrazio, cara traditrice. Perché in fondo mi hai restituito il possesso della mia esistenza, la felicità di amare - perché sì, ho amato davvero, ma dopo di te, e ora lo so - senza dovermi nascondere, senza poter fare progetti in attesa che la donna (che credevo) della mia vita si decidesse a scegliermi senza più riserve. Sì, ho sofferto ma ho capito, ho capito che l'amore è un'altra cosa, non è fatto solo di contatto fisico, anche un po' animale, non è fatto di piccoli sotterfugi, non è fatto di sogni impossibili da realizzare. L'amore è fatto di scelte, magari definitive, ma scelte decise, può darsi dolorose, ma sempre con lo scopo di una felicità comune. L'amore - e ti sembrerà strano che lo dica un uomo - non è fatto solo di sesso, di ardore quasi adolescenziale a cui abbandonarsi quando adolescenti non si è più. L'amore è una strada, lunga o corta che sia, che due persone devono percorrere da sole. Insieme e senza ostacoli. Completamente.

Però, dici tu, ci stavo quasi ricascando, ci siamo rivisti, ci siamo avvinghiati, l'abbiamo fatto di nuovo, ancora una volta, come una volta. E invece no, cara traditrice, perché questa volta è stata l'ultima, la definitiva. E non è stata una vendetta come pensi, ma solo la prova di ciò che alla fine pensavo, credevo, sospettavo: la nostra storia era appunto solo quello. Era solo sesso (e, oh, quanto sai essere meravigliosa in questo). E tu mi avresti riportato a metà della tua strada, fatta di adultèri e di pentimenti continui. Fatta di una vita vissuta a metà.

E che vita, ora, è la tua? Un momento puttana e un momento moglie, prigioniera di princìpi che sbandieri contro i tuoi sensi di colpa, ma libera di ribellarti a comando delle tue pulsioni. Perché, l'hai scritto tu, l'hai fatto ancora dopo di me e l'hai fatto - sostieni - cercando ancora me. E l'hai rifatto poi con me e per questo adesso ti senti mia per sempre, ora che non sarai mia mai più. Già, non è così: ormai sei solo tua dietro quel paravento costruito sull'accidia sentimentale di tuo marito, dietro la facciata di voler essere a tutti i costi una moglie perbene, seppure per finta. Tranquilla, allora: non ti devi vergognare di nulla, non devi aver rimorso delle tue scelte, perché io non ti odio, non ce n'è bisogno.

Basta che ci pensi un attimo, cara traditrice, e capirai il perché: la vera tradita in questa storia sei tu.

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