Carroccio in rivolta in Piemonte

"Quale linea sulla Tav?". Malessere anche in Lombardia

Carroccio in rivolta in Piemonte

Le regionali in Piemonte spaccano la Lega. A maggio si voterà non solo per le Europee ma anche per eleggere il nuovo presidente della Regione. Nel Carroccio la mozione per ridiscutere il progetto della Tav Torino-Lione apre uno scontro tra Matteo Salvini e il gruppo dei piemontesi. Con la campagna elettorale alle porte, al netto della trattativa per la scelta del candidato che guiderà la coalizione di centrodestra, il ministro dell'Interno deve sedare la rivolta della base leghista in Piemonte.

La fronda pro-Tav, guidata dal capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, teme un impatto negativo sul voto per le regionali. Conseguenza della linea pro-5stelle sull'alta velocità. Molinari e i piemontesi hanno piantato la grana al leader, incassando la sponda del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti: la campagna elettorale sarà giocata tutta sul tema Tav. Con quale linea la Lega andrà nelle piazze di Torino? Farà comizi con il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che vuole fermare i lavori? Con quale proposta si presenterà a imprenditori e commercianti piemontesi? Fi e Fdi hanno una posizione chiara: linea che punta al completamento dell'opera. La scelta del Carroccio di inseguire la mozione grillina crea disorientamento negli elettori. A Roma, ad oggi, la Lega è contro l'opera. In Piemonte è schierata a favore. È un nodo che la fronda leghista pretende sia sciolto prima dell'inizio della campagna elettorale. Per ora la linea adottata da Salvini punta al rinvio. Ma sarà complicato per chi metterà la faccia nella prossima campagna elettorale spiegare la contraddizione. E c'è il rischio di affrontare una battaglia elettorale con il freno tirato.

Non è l'unica grana. Tira aria pesante anche in Regione Lombardia, dove tre consiglieri di Forza Italia e sette della Lega (riferibili all'area degli «ortodossi») hanno stretto un patto martedì sera per affondare una «Risoluzione sulle misure contro i cambiamenti climatici». La giunta aveva dato parere favorevole, ma il documento è solo un pretesto. I consiglieri ribelli hanno approfittato del voto segreto per lanciare un segnale politico. «Assolutamente nessuno sgambetto a Matteo Salvini ma solo un po' di confusione, tra emendamenti che andavano e tornavano la risoluzione è stata un pasticciata» ha minimizzato ieri il governatore leghista Attilio Fontana, che per oggi però ha convocato un vertice di maggioranza per serrare i ranghi. Nei corridoi gli azzurri negano che dietro al caso «franchi tiratori» ci siano questioni nazionali, non c'entrerebbero - almeno per ora - le dichiarazioni di Salvini («mai più con il centrodestra»). Piuttosto i forzisti insistono per riequilibrare i rapporti di forza in giunta: la delibera faceva a capo all'assessore centrista Raffaele Cattaneo, che non è stato eletto e ha un solo consigliere di riferimento in aula. Anche Fdi (che ha eletto due consiglieri) conta due assessorati. Sul fronte Lega, pesano le nomine dei direttori generali in Sanità e nelle società partecipate «calate dall'alto», qualche ambizione di entrare in giunta o nelle liste per le Europee.

E crea insofferenza il potere («eccessivo, persino di contrattazione politica sulle singole mozioni che arrivano in aula») del capo della segreteria politica del presidente Fontana. La donna nel mirino è Giulia Martinelli, ex compagna di Salvini, definita dai lumbard malpancisti «la Papessa».

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