Casaleggio ora è stufo: vuole mollare Gigino

La "Fase due" del M5s non decolla. Frondisti e governisti sono d'accordo: serve una svolta

Casaleggio ora è stufo: vuole mollare Gigino

La fase due dei Cinque stelle non decolla. Il capo politico Luigi di Maio vorrebbe congelare la riorganizzazione del Movimento alla luce del primo (deludente) tour tra le assemblee locali degli attivisti. Più che un confronto, ogni incontro è stato un processo politico contro il ministro dello Sviluppo economico e la corte magica. Per oscurare il dissenso della base, Di Maio ha imposto il divieto per riprese video delle assemblee, foto e dirette streaming. Da Napoli a Bari. Dal Trentino alla Sardegna: il vicepremier ha incassato solo picconate. E le dimissioni di Massimo Bugani, socio di Rousseau, dallo staff di Palazzo Chigi sono il segnale di un malcontento che ormai è arrivato al vertice del Movimento. Tradotto: Davide Casaleggio, vera anima grigia dei Cinque stelle, sta per perdere la pazienza. L'idea di scaricare Di Maio comincia ad essere un'opzione. Il tempo, per imporre una sterzata alla linea politica del Movimento, è quasi esaurito.

Il cerchio su Di Maio si sta stringendo. Dopo Beppe Grillo, Roberto Fico, Alessandro Di Battista, l'ultimo scudo (Casaleggio) sta per frantumarsi: l'addio di Bugani, braccio operativo di Casaleggio jr, è forse l'ultimo avvertimento. La prossima mossa sarà la scomunica pubblica (da parte di Casaleggio) di Di Maio. Gli equilibri nel Movimento stanno cambiando: l'ala movimentista, incarnata da Fico, Grillo e Di Battista, si sta unendo con quella governista (Casaleggio, Bugani). Con una missione: tagliare la testa al capo politico votato da tutti. Eppure, Di Maio ha avuto mani libere su tutto: liste, nomina dei ministri, strategia politica, candidature, scelta dei capigruppo, staff e comunicazione. Ora è il momento di tirare le somme. La disfatta alle Europee è stato l'ultimo campanello d'allarme. Di Maio ha voluto (e ottenuto) la riconferma come capo politico e il via libera a piano per la riorganizzazione del Movimento.

Ma la fase due del Movimento rischia di restare a zero. Perché si è rivelata un flop: la trovata del mandato zero ha cancellato di colpo un pilastro ideologico su cui è nato il M5S. Anche Grillo, per la prima volta, in modo esplicito è stato costretto a prendere in pubblico le distanze dall'iniziativa di Di Maio. Non c'è stata una proposta, messa in campo del ministro del Lavoro, che ha avuto la benedizione della base. La figura del facilitatore, che poi sarebbe un coordinatore regionale nominato tra i fedelissimi del capo, tradisce il principio dell'uno vale uno. E anche sull'apertura a eventuali alleanze a livello locale, non c'è un solo attivista che sia d'accordo. Ma soprattutto non è ben chiaro con chi vadano fatte le intese elettorali. E dunque la fase due, annunciata da Di Maio, rischia di spaccare in due il Movimento. Congelata, per ora, la riorganizzazione: il capo politico per recuperare appeal nel Movimento rimette in campo il tema del taglio dei parlamentari.

Ieri, Di Maio dal profilo Facebook ha puntato il dito contro la casta di politici senza lavoro che rema contro la riforma. Un po' di fumo negli occhi per gli attivisti. Per placare la rabbia e salvare la sua di poltrona.

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