In cerca di identità: un giovane su 40 si definisce transgender

Cento ragazzi su 5mila si sono dichiarati "fluidi". Ma parlarne è ancora difficile

In cerca di identità: un giovane su 40 si definisce transgender

Si definiscono fluidi. Ragazzi in cerca di identità sessuale. Lo hanno chiesto a cinque mila ragazzi dell'ultimo anno di liceo sparsi un po' in tutta Italia, Veneto, Puglia, Campania. E più di 100 si sentono sessualmente fluidi; circa 1 su 40, si definisce transgender. I ragazzi italiani più degli stranieri. Più dei giovani americani o dei giovani europei loro coetanei.

«Se da un lato ci sono i dati ufficiali, quelli che emergono dalle associazioni alle quali le persone transgender si rivolgono per un supporto, dall'altro la nostra indagine fa emergere una realtà sommersa, molto più vasta, che fatica a venire alla luce: il coming out è ancora oggi un percorso doloroso e complesso». A dirlo è l'endocrinologo dell'Università di Padova Carlo Foresta, illustrando la fotografia scattata sull'universo transgender dalla Fondazione Foresta. Post adolescenti problematici e con le idee ancora molto confuse, e che spesso soffrono in silenzio perchè evidentemente fa ancora troppo male parlarne. L'ente tra il 2018 e il 2019 ha somministrato questionari anonimi a 5.300 giovani delle scuole superiori, tutti tra i 18 e i 21 anni e residenti tra Veneto, Puglia e Campania, chiedendo loro «come definiresti la tua identità di genere». Ebbene, più di 100 ragazzi, il 2,3% ovvero «circa 1 su 40 si è definito trans o gender-fluid. Un dato che lascia perplessi, dato che le medie internazionali e nazionali, fornite da chi si occupa del fenomeno, indicano oscillazioni tra lo 0,4 e l'1,3%. «L'indagine lascia intravedere un sommerso enorme - aggiunge Foresta - Le differenze potrebbero essere legate alla specifica fascia di età presa in considerazione. O al fatto che i giovani che abbiamo incontrato potevano contare su una rilevazione assolutamente anonima: la nostra indagine, insomma, è molto veritiera». Insomma, protetti dal silenzio raccontano quello che altrimenti non direbbero. Forse perchè non saprebbero come dirlo, forse come sarebbero accolte le loro parole. Perchè poi, per una volta l'Italia non si dimostra essere il solito Paese tagliato a metà con un Nord diverso e lontano dal Sud. Qui invece lo studio non ha trovato differenze sostanziali su scala regionale in una nazione dove, secondo recenti dati del Centro di Medicina di Genere dell'Istituto Superiore di Sanità, ad oggi le persone transgender sono stimate essere circa 400.000. Di questi temi si parlerà a Padova oggi, presso il Teatro Ruzante, nel Convegno «Caleidoscopio transgender - Dal significato alla comprensione del fenomeno», organizzato dalla Fondazione Foresta Onlus, in collaborazione con l'Università degli Studi di Padova, l'Ordine degli Psicologi del Veneto, la Società italiana di andrologia e medicina della sessualità e il Servizio accoglienza trans. I numeri fino ad oggi noti rappresentano probabilmente un dato ampiamente sottostimato, a causa della mancanza, di attività condivise volte a garantire il mantenimento della salute e l'equità dell'accesso alle cure e a causa della paura delle persone transgender di manifestare la loro condizione. I ragazzi, insomma, ne parlano poco.

Secondo uno studio europeo, molte persone transgender non trovano una risposta adeguata da parte di medici e psichiatri riguardo la loro transizione di genere e trovano invece situazioni negative di pregiudizio nell'accesso alle cure sanitarie dovuto alla loro identità trans. Un altro studio statunitense riporta che più del 50% deve insegnare al proprio medico curante qualche aspetto dei propri bisogni.

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