Chavez si rivolta nella tomba: l'America Latina guarda a destra

Maduro porta il suo ricco Paese alla miseria e gli ex alleati pensano a intese col «nemico»

Chavez si rivolta nella tomba: l'America Latina guarda a destra

«Chavez è morto due anni fa e quest'anno è morto anche lo chavismo»: la sentenza, che segna la fine di un'epoca tormentata per l'America Latina, è di Victor Alvarez, che fu ministro dell'Economia del caudillo e ora riconosce che, invece di creare un fantomatico «socialismo del XXI secolo», l'ex parà ha portato il Paese alla rovina. Il suo successore, Nicolas Maduro, gli sta dando il colpo di grazia, non modificando nulla della vecchia politica e cercando semplicemente di resistere il più a lungo possibile, appoggiandosi sui militari, riempiendo i posti di comando di parenti ed amici mettendo in carcere – o almeno espellendo dal Parlamento - gli oppositori che più gli danno fastidio.

Il nuovo presidente passa ogni settimana ore ed ore alla televisione per spiegare che la colpa del disastro è degli Stati Uniti e della oligarchia capitalista e invita la gente a smascherare i provocatori. Ma, nonostante un controllo ormai quasi completo dei media e l'instaurazione di un vero e proprio stato di polizia, che ha trascinato davanti a una giustizia «addomesticata» 33 dei 78 sindaci dell'opposizione, l'indice di popolarità di Maduro è sceso al 20% e le previsioni sono che, se non saranno soppresse o pesantemente truccate, perderà di brutto le ormai imminenti elezioni legislative. Gli unici sostenitori che gli sono rimasti sono i diseredati delle periferie e dei villaggi, che hanno beneficiato della politica sociale di Chavez. Ma anche questi non dureranno più a lungo, perché l'economia, trascinata in basso dal crollo dei prezzi del petrolio, che fornisce il 98% delle entrate di valuta estera, è agonizzante: il 28% della popolazione vive sotto la linea di povertà, nel 2014 il Pil è sceso del 5%, il deficit di bilancio è salito al 20% e, a fronte di un cambio ufficiale di 6,30 pesos per un dollaro, quello nero è addirittura di 180. Gli scaffali dei negozi sono vuoti (ma fotografarli è considerato reato), davanti ai supermercati statali dove i prezzi sono bloccati ma si può fare la spesa solo una volta la settimana si formano fin dalla sera precedente lunghe code di cittadini che sperano di arraffare qualcosa. Manca tutto, farina, zucchero, perfino pannolini per bambini. Ma la nazionalizzazione di 1.200 aziende, ora tutte o quasi in passivo, ha distrutto la capacità produttiva del Paese e, con una bilancia commerciale in rosso di 30 miliardi di dollari, non ci sono più i soldi per importare quello che manca. Nessuno ha idea di come nel 2015 il Paese riuscirà a rimborsare i debiti esteri che ha contratto e, per la maggior parte degli esperti, il default è dietro l'angolo.

A fine marzo, Maduro ha ripreso un po' quota grazie a un errore di Obama, che in un documento ufficiale ha definito il Venezuela «una minaccia per la pace», irritando diversi altri Paesi dell'America Latina. Ma è stato un sollievo momentaneo: e il segnale definitivo che lo chavismo è finito, è il primo incontro tra Obama e Raul Castro, in programma per questa settimana alla riunione della Organizzazione degli Stati americani che corona il recente riavvicinamento tra gli Usa e Cuba.

Il collasso del «socialismo bolivariano» sta cambiando anche gli equilibri geopolitici del continente. Quando era all'apice del suo potere, e grazie agli altissimi prezzi del greggio era in grado di distribuire sussidi e petrolio gratis a destra e a manca, il defunto caudillo era riuscito a formare, in tandem con i fratelli Castro, un'ampia coalizione contro gli Stati Uniti denominata Alba che non solo comprendeva Bolivia, Ecuador, Nicaragua e diverse repubblichette dei Caraibi, ma godeva di una certa simpatia anche nell'Argentina dei Kirchner, nel Brasile di Lula e della Rousseff e nell'Uruguay di Mujica. Ora che il Venezuela è sull'orlo della rovina e non può più distribuire petrolio (quasi) gratis, questa alleanza è non solo in via di dissoluzione, ma i suoi principali componenti o simpatizzanti stanno svoltando a destra. A Cuba c'è un graduale ritorno all'economia di mercato, il successore di Cristina Kirchner sarà un uomo di centro e la Rousseff, sempre più contestata a causa di un megascandalo nella Petrobras e di una economia traballante, è stata costretta ad affidarsi a un liberista della scuola di Chicago come Levy.

Se l'opposizione venezuelana riuscirà a superare le sue divisioni e a liberarsi di Maduro, il processo di trasformazione, rispetto a soli cinque anni fa, sarà completo e il panorama latinoamericano definitivamente cambiato.

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