Che fine ha fatto Mps? Salvataggio in alto mare

L'intervento statale sarà operativo solo a marzo E i correntisti ora restano in balìa della politica

Che fine ha fatto Mps? Salvataggio in alto mare

Che fine ha fatto il Monte dei Paschi? Nel giro di poche settimane siamo passati dalla raffica di comunicati ufficiali, interviste, indiscrezioni e rumors sul destino dell'istituto senese a un silenzio assordante. Che alle orecchie dei veri eroi di questa battaglia persa sul campo del mercato - ovvero i clienti del Monte rimasti con il loro conto aperto in banca - suona come un preoccupante segnale di stallo.

Idem per i piccoli risparmiatori che hanno ancora in portafoglio le azioni del gruppo senese. I titoli Mps sono sospesi in Borsa dallo scorso 22 dicembre e la ripresa degli scambi non avrà luogo «fino a quando non sarà ripristinato un corretto quadro informativo sui titoli emessi o garantiti dalla banca e sugli strumenti finanziari aventi come sottostante titoli emessi» dall'istituto, ha scritto la Consob. Intanto, il 2016 è stato un anno da dimenticare per le azioni del Monte che hanno lasciato sul terreno di Piazza Affari quasi l'88%, parliamo di 3,2 miliardi andati in fumo. Così come si sono dissolti nell'ultimo anno circa 20 miliardi di depositi. Anche la posizione di liquidità della banca ha subìto un rapido deterioramento tra il 30 novembre e il 21 dicembre 2016, la liquidità netta a un mese è scesa da 12,1 a 7,7 miliardi di euro. E l'emorragia può continuare.

Il problema è che i tempi della politica non coincidono con quelli della finanza. Il decreto salva banche è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ed è dunque diventato legge, lo scorso 23 dicembre. Ma si tratta di uno schema di provvedimento, ovvero una griglia all'interno della quale operare. Perché le misure del governo diventino concrete, servirà un altro decreto ministeriale del Tesoro sui dettagli operativi dell'intervento concordati con la Bce e la Commissione Ue. Non solo. L'esame del «salva banche» comincia a metà gennaio ed è probabile che Camera e Senato si prendano tutto il tempo disponibile (60 giorni) per avanzare eventuali dubbi o fare rilievi. Quindi fino alla fine di febbraio. Lo stesso ministro Pier Carlo Padoan, ha ammesso nella lunga intervista al Sole 24 ore del 29 dicembre, che «c'è tutta la fase di conversione del decreto salva-risparmio e ci saranno richieste di emendamento da parte del Parlamento. È anche una scelta politica generale quella di lasciare spazio agli emendamenti parlamentari».

La strada insomma sarà lunga e complicata. Anche a Siena, dove i vertici dell'istituto lavorano all'emissione di 15 miliardi di bond con l'obiettivo di riportare nel 2017 il gruppo ai livelli di cassa di fine 2015. La banca certamente piazzerà questo mese il primo dei prestiti obbligazionari. Un secondo, poi, sarà a febbraio. Altro nodo, non di poco conto, è il nuovo piano industriale che sarà riscritto in un paio di mesi, ossia entro marzo e con una bozza pronta entro la fine di gennaio. Anche le nuove linee strategiche dovranno comunque passare attraverso le maglie del negoziato con Bruxelles a cui spetterà, peraltro, l'ultima parola sull'intervento dello Stato. Solo a questo punto potrà aprirsi l'ombrello della ricapitalizzazione precauzionale, con il Tesoro pronto a diventare, secondo lo schema, azionista della banca al 70 per cento. Arrivati a questo punto saranno stati anche definiti i margini dell'aumento di capitale.

Non è detto che lieviti agli 8,8 miliardi indicati di recente dalla Bce, in termini di fabbisogno. C'è poi il fronte dei crediti deteriorati. La cessione dei 27,7 miliardi di sofferenze è tutta di ripensare. E anche questo richiede tempo. Che il Monte non ha più.

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