"Ci sono pochi italiani in galera". Davigo profeta del grillismo manettaro

Ira dei penalisti: "Perde il senso della misura, no allo Stato di polizia"

"Ci sono pochi italiani in galera". Davigo profeta del grillismo manettaro

Secondo Piercamillo Davigo, membro togato del Csm, nume del M5s in tema di giustizia, non esistono innocenti ma colpevoli che non sono ancora stati scoperti. Neppure chi è stato detenuto ingiustamente, tanto da ottenere un risarcimento dallo Stato, è in realtà una vittima, perché in buona parte si tratta di «colpevoli che l'hanno fatta franca» spiega il magistrato intervistato dalla Stampa. L'idea di giustizia di Davigo è nota, già da pm di Mani Pulite si era manifestata nella massima «non esistono politici innocenti ma colpevoli su cui non sono state raccolte le prove». La conseguenza logica è che in Italia non ci sono abbastanza persone in carcere: «In galera ci vanno in pochi e ci stanno poco», e poi si arresta troppo poco, specie dopo la riforma della custodia cautelare che ha ridotto i casi in cui si applica il carcere preventivo, un errore secondo il pm che - nella definizione di Bruno Vespa - «dorme con le manette sul comodino».

Una visione che coincide con quella del M5s, che in queste ore si intesta la vittoria della galera per l'ex governatore lombardo Roberto Formigoni, grazie alla legge Spazzacorrotti firmata dal ministro Bonafede che equipara i reati di corruzione a quelli di mafia («È semplicemente ciò che avviene in un Paese normale» esulta il Blog delle Stelle). Ma ancora troppa gente è fuori dal carcere, secondo M5s e Davigo. Morale amara del magistrato: «Oggi conviene delinquere, non pagare i debiti, impugnare le condanne. Non si ha niente da perdere. Invece bisogna incentivare i comportamenti virtuosi». La legittima difesa? «Spero non passi, saremmo condannati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo». Non solo, «aumenteranno i morti. Non tra i delinquenti, ma tra le vittime di furti e rapine. Sapere che il derubato può sparare indurrà il ladro ad armarsi e a sparare prima».

Anche stavolta, come più volte in passato, le esternazioni di Davigo (a cui aggiungiamo questa: «L'unica parte buona nel processo è il pubblico ministero, gli altri fanno i loro interessi») fanno rivoltare i penalisti. Il presidente dell'Unione delle Camere Penali Italiane Giandomenico Caiazza attacca: «Da penalista penso che Davigo stia perdendo il senso della misura delle cose: le carceri sono sovraffollate oltre ogni limite di tollerabilità, l'abuso della custodia cautelare è un dato confermato statisticamente dal numero delle assoluzioni già in primo grado. Diciamo no a uno schema della giustizia penale inquisitorio, no a uno Stato di polizia in cui la verità è solo quella ricostruita dall'inquisitore mentre tutta la verifica dibattimentale sull'attendibilità delle prove raccolte allontana dalla verità».

Le reazioni politiche sono tutte da Forza Italia. «Davigo rivela la sua natura impregnata del più bieco giustizialismo: saperlo componente dell'organo di autogoverno dei magistrati è terrorizzante per chiunque - afferma il deputato azzurro Giorgio Mulè -. I suoi stessi colleghi dovrebbero condannarlo (verbo assai caro a Davigo) chiedendogli di dimettersi per restituire una parvenza di indipendenza e dignità alla carica che ricopre. Non succederà». «Davigo prefigura una giustizia amministrata in nome della forca.

Non può sorprendere quindi che i suoi allievi capitati in politica suonino la fanfara della felicità quando qualcuno varca le soglie del carcere: è il frutto avvelenato della sua predicazione» commenta la capogruppo al Senato di Fi Anna Maria Bernini.

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