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In Cina la "sagra" del cane. "L'Expo condanni l'orrore"

L'ex ministro Brambilla chiede alla kermesse milanese di aderire alla petizione contro il "festival" di Yulin

Cani in gabbia, tradizione barbara
Cani in gabbia, tradizione barbara

Quando si parla della mattanza di migliaia di cani per soddisfare il palato di chi partecipa al «festival» di Yulin, città della regione autonoma di Guangxi, nella Repubblica Popolare Cinese, l'indignazione è esponenziale. Si vorrebbe strappare di bocca quei pezzi di carne ai cinesi che non si rendono conto di commettere un vero e proprio crimine. Loro sono convinti che la carne di cane «genera calore e scalda il corpo» e sono incuranti del fatto che questi sventurati animali sono destinati alla macellazione dopo essere stati rapiti dai loro proprietari, trascinati in gabbie da uccelli, uccisi con bastonate o avvelenati con dardi letali.

I cinesi di Yulin sono disarmanti nel loro feroce isolamento gastronomico. Offendono gran parte della comunità orientale (l'80 per cento) che strabuzza gli occhi quando sente che alcuni connazionali mangiano cani, offendono gli animalisti di tutto il mondo e chiunque umano che sappia leggere negli occhi di un cane dolore e disperazione.

Vanno fermati. Quasi 2 milioni di cinesi hanno già appoggiato la proposta di legge del deputato del Congresso nazionale del popolo, Zheng Xiaohe, che ha l'obiettivo di rendere illegale nel paese la macellazione e il consumo di carne di cane e gatto. Ma serve l'indignazione platanaria. La catena delle firme raccolte via web è stata avviata da mesi ma bisogna essere ancora più incisivi per ottenere che il governo centrale elimini dal calendario questo festival indecente.

Lo strumento mediatico internazionale è a casa nostra... ma non si usa. Si chiama Expo ma nessuno ha ancora affrontato l'argomento con la stampa e con i capi di governo che sfilano davanti alle telecamere. Una situazione inaccettabile denunciata da Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell'Ambiente. «Di fronte alla mattanza di Yulin – spiega l'ex ministro – rimangono inerti (questo è indecente) sia il nostro governo che l'Unione europea. Per non parlare dell'Expo: la kermesse sull'alimentazione, sempre più simile ad una “sagra” globale, potrebbe richiamare l'attenzione dei visitatori su quanto accade a Yulin». Da qui l'appello lanciato da Brambilla durante l'evento-verità intitolato «Non sono cibo»: «I cittadini italiani, e quelli cinesi residenti in Italia, sottoscrivano la petizione contro la barbarie del “Festival della carne di cane” di Yulin, un luogo che di “festivo” non ha assolutamente nulla. Anzi, è una delle più cruente manifestazioni dell'unica vera “bestialità” che conosco: quella umana».

Anche il direttore di Animals Asia Italia, Irene de Vitt, presente all'evento, invita alla mobilitazione di massa anche per sostenere le associazioni protezioniste attive «in loco» che devono ricollocare e far adottare i cani salvati.

Ma a Yulin, gli incuranti organizzatori affilano i coltelli. Lunedì prossimo, al solstizio d'estate, saranno macellati, cotti e mangiati migliaia di cani (circa 10mila nel 2013). «Animali - ricorda l'ex ministro - più raramente allevati, nella maggior parte dei casi catturati per strada o sottratti ai proprietari da bande criminali, trasportati e detenuti in gabbie piccolissime e affollatissime, uccisi con metodi crudeli (di solito a mazzate, ma anche col veleno) e spesso scuoiati ancora vivi». Una tradizione barbara alimentata per motivi economici: la kermesse attira delinquenti da ogni parte della Cina.

Basti pensare che il furto di tre cani di circa 15 kg può fruttare al ladro anche 1000 renminbi (150 euro).

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