Un colpo a sorpresa orchestrato da Emmanuel Macron ha portato nel pomeriggio di ieri a Biarritz, sede di uno dei vertici G7 più disuniti della storia recente, un ulteriore elemento di complicazione. Quando l'aereo con a bordo il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif è atterrato allo scalo della cittadina francese sull'Atlantico, è apparso subito chiaro che il leader dell'Eliseo, che pure a quanto risulta aveva informato in anticipo la sera prima i suoi sei ospiti di questo «coup de theatre», aveva deciso di giocare personalmente una carta forte nel tentativo di sbloccare la grave crisi iraniana. Ricordiamo che, in seguito alla decisione del presidente americano Donald Trump di ritirarsi dall'intesa sul nucleare iraniano firmata nel 2015 dal suo predecessore Barack Obama e sostenuta dai principali Paesi europei e dalla Russia, il regime di Teheran ha imboccato la strada di una pericolosa escalation che ha portato tra l'altro a una tensione altissima nel Golfo Persico e nel Mare Arabico, dove diverse petroliere occidentali sono state attaccate, verosimilmente proprio dagli iraniani, e un drone americano è stato abbattuto.
Cosa pensa dunque di ottenere Macron con questa iniziativa senza precedenti a un G7? Zarif, al suo arrivo a Biarritz, ha negato di avere intenzione di incontrare la delegazione degli Stati Uniti, mentre un seccato Trump ha preferito trincerarsi dietro un prudente «no comment»: e questo dopo che gli era toccato in precedenza di smentire il presidente francese che aveva cercato di presentare la sua mossa come una decisione presa a nome dell'intero G7. La sorpresa di Macron era dunque stata declassata a incontro informale franco-iraniano, ma il tentativo di far pressione sugli americani sfruttando l'occasione del G7 rimane, ed è chiaro che Trump non gradisce. Gli iraniani, secondo fonti francesi, sarebbero venuti per esplorare le condizioni di un possibile negoziato, e Macron sarebbe portatore di un piano: a Teheran verrebbe consentito di riprendere a tempo determinato le proprie vitali esportazioni di petrolio, attualmente di fatto bloccate dalle sanzioni americane, e in cambio dovrebbe impegnarsi a calmare le acque nel Golfo e soprattutto ad attenersi rigorosamente agli impegni assunti sul nucleare quattro anni fa.
In attesa di verificare se l'arrivo a sorpresa di Zarif produrrà effetti concreti, a Biarritz si è continuato a discutere di temi di grande rilevanza, che hanno evidenziato le profonde distanze tra l'America di Trump e quelli che dovrebbero essere i suoi partner più prossimi, al punto che eccezionalmente a fine vertice non è stato prodotto un comunicato congiunto. Il punto più delicato è rimasto quello della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, sull'orlo di un'escalation talmente pericolosa da poter sfuggire di mano a chi l'ha voluta. I Paesi europei, il Giappone e il Canada temono di pagare il prezzo principale di un braccio di ferro avviato a colpi di dazi e che ora potrebbe degenerare, ma Trump non pare ascoltarli. Ieri ha anzi bellicosamente dichiarato di esser stato frainteso quanto aveva parlato di «retropensieri» rispetto alle misure prese contro Pechino: non intendevo ripensarci, ha detto, semmai considerare di indurirle ulteriormente. Né tranquillizza il fatto che il presidente Usa abbia addirittura accennato all'eventualità di ricorrere a suoi poteri speciali per imporre alle imprese americane di lasciare se necessario il mercato cinese.
Gli altri due temi caldi a Biarritz sono stati fino all'ultimo la Brexit, con Boris Johnson che incassa il sostegno di Trump ma si è visto sfilare dall'iraniano Zarif il ruolo di star mediatica del vertice, e il disastro dell'Amazzonia: anche qui Macron ha voluto giocare da protagonista, e dopo aver messo sull'avviso
il presidente brasiliano Bolsonaro del rischio di sanzioni internazionali, ha annunciato un piano coordinato dal G7 per aiutare il Brasile a salvare in fretta il suo polmone verde, insistendo sul fatto che è anche nostro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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