Confini balcanici a pezzi A Trieste e Gorizia c'è il rischio sfondamento

Solo un centinaio di chilometri separa Gorizia da Lubiana, Slovenia, l'ultimo girone infernale dei Balcani. Dove le distanze si accorciano, le rotte esplodono e i confini si sfaldano sotto l'osmosi di disperazione che percorre l'Europa. In questo spicchio di terra all'estremo Nordest che da mesi la geografia condanna alla cronica emergenza di piccola Lampedusa, regna un silenzio irrequieto, avvolto da una calma sinistra. Da una parte l'Austria, dall'altra la Slovenia, appunto. La polizia di frontiera di Trieste, Gorizia e Tarvisio presidia l'orizzonte, le volanti sono impegnate nei soliti controlli contro il traffico illecito di esseri umani che da mesi percorre i fragili varchi del Friuli-Venezia Giulia per entrare in Italia. Una manciata di agenti, non di più. Ma no, a quello che sta succedendo oltre confine «nessuno è preparato». Sono saltate le dimensioni, le quote e le previsioni dell'esodo che ora sfiora la minuta regione, e che poche ore ha messo in ginocchio la Croazia riversando su Zagabria in 36 ore 13 mila migranti dalla Serbia. Numeri che spaventano. La governatrice del Fvg Debora Serracchiani confida in una soluzione da Bruxelles, dalla Regione assicurano che «non ci sono criticità imminenti», ma questori e prefetti trattengono il fiato, cartina alla mano osservano l'avanzare di una marea pronta ad aprirsi ogni breccia verso l'Austria e la Germania sulla via Belgrado-Zagabria-Lubiana, aggirando ogni ostacolo. «La geografia non mente - dice il Questore di Gorizia, Lorenzo Pillinini -. Noi abbiamo personale per un contenimento ordinario, ma non abbiamo mezzi tali da affrontare situazioni straordinarie. Seguiamo con attenzione gli sviluppi, ma a oggi non è possibile sapere se i migranti devieranno verso l'Italia». Dipenderà dalla tenuta di nervi dei governi, e dal ritmo delle barriere che si alzano e che si abbassano in questo flipper impazzito. Un vertice convocato per lunedì al Viminale con questori e i dirigenti della polizia di frontiera dovrà servire a capire come reagire al potenziale effetto domino, mentre la speranza è che l'Europa arrivi a una sintesi al nuovo Consiglio dei Ministri dell'Interno convocato per il 22 settembre a Bruxelles. Croazia e Slovenia potrebbero diventare Paesi beneficiari del meccanismo temporaneo di 120mila ricollocamenti, che il consiglio punta a portare a casa anche ricorrendo a un voto a maggioranza qualificata, se non sarà trovato un consenso unanime. Intanto Zagabria è stremata, e a sole 48 ore dall'annuncio di voler «lasciare passare tutti», gli slanci di solidarietà sono alla resa. Il premier croato Milanovic fa marcia indietro, nella notte decide di sbarrare le frontiere e fa sapere all'Onu che il Paese «non potrà accogliere e registrare più nessuno», tanto da far partire, nel pomeriggio di ieri, una ventina di pullman carichi di migranti verso la linea magiara, dove, però, Viktor Orban stava già erigendo il suo nuovo muro con la Croazia. Lungo, questa volta, 41 chilometri, quelli non delimitati dal fiume Drava. Al lavoro ci sono già 600 soldati, ma il premier ne vuole 1.800 domani. Budapest ha annunciato di aver sequestrato un treno che trasportava migranti dalla Croazia, ha disarmato 40 agenti di scorta della polizia croata e ha arrestato il conducente. Il governo ha fatto sapere che oltre 4mila migranti sono arrivati ieri dalla Croazia e ne sono attesi ancora tra i 1.000 e i 1.200.

Anche la Slovenia, furiosa con Zagabria, ha bloccato ferrovie e treni presi d'assalto dai profughi. Ecco perché, annuncia, espellerà i migranti illegali: sono oltre 700 quelli già penetrati nel Paese, determinati a proseguire la marcia verso l'Austria a piedi.

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