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Conte chiama Merkel. Cerca aiuto sulla Libia per frenare i francesi

A Palazzo Chigi un gabinetto permanente di crisi. Il piano per rimpatriare i militari

Conte chiama Merkel. Cerca aiuto sulla Libia per frenare i francesi

L'Italia, per adesso, manterrà la presenza di 400 militari in Libia e seguirà la crisi attraverso un gabinetto di crisi permanente sotto il coordinamento del premier Conte. È quanto emerso dal vertice tenutosi ieri a palazzo Chigi alla presenza del presidente del Consiglio, dei ministri Elisabetta Trenta (Difesa) ed Enzo Moavero Milanesi, del sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Giancarlo Giorgetti, dei vertici dei Servizi e di rappresentanti delle Forze armate. Significativa l'assenza del ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Il vertice è il primo segnale di un maggiore impegno del governo nella questione libica. Conte sta tentando di coinvolgere gli alleati europei, a fronte del gioco unilaterale condotto dai francesi, e ieri Palazzo Chigi ha reso noto che il premier ha sentito al telefono Angela Merkel per parlare della crisi libica ed è in costante contatto con gli Usa.

L'emergenza immediata, dopo la recrudescenza degli attacchi da parte delle milizie di Haftar, è da una parte quella di garantire la sicurezza degli uomini impiegati tra l'ospedale di Misurata e il porto di Tripoli, dove sono dislocati in supporto della Guardia costiera libica, dall'altra quella di non mostrare il fianco alla prepotenza del generale che vuol impossessarsi della Libia intera. Per questo si starebbe tentando la via diplomatica per cercare una soluzione pacifica senza dover ricorrere a un intervento internazionale. Anche perché con una guerra civile si rischierebbe un'altra crisi migratoria con intensificazione dei flussi verso l'Italia. Via diplomatica che si starebbe ancora percorrendo dopo la visita, lunedì scorso a Roma, degli inviati di Haftar.

Esiste però, confermano fonti della Difesa, un piano di esfiltrazione da attuare in caso di pericolo imminente. Gli uomini di Haftar, sono infatti vicini alla zona portuale anche se il generale non avrebbe alcun interesse a colpire gli italiani. In caso di minaccia, però, si provvederebbe all'evacuazione per via navale e aerea. Peraltro, preoccupa l'arrivo ieri a Bengasi di due jet privati emiratini che avrebbero trasportato uomini dei servizi segreti esperti in droni. Sarebbero a disposizione dei ribelli. Il sospetto è che gli Emirati Arabi possano anche rifornire le truppe di Haftar di armamenti e mezzi. Sarebbe invece diverso il ruolo dell'Arabia saudita, che potrebbe anche finanziare la ribellione. Un ruolo a cui guarda l'Italia è anche quello della Francia, che però ha smentito coinvolgimenti, ma anche quello della Russia, che avrebbe interesse a rimanere sul mercato libico, vendendo armi al suo Esercito nazionale. Al centro di tutto la questione petrolifera, su cui l'Italia gioca davvero un ruolo di secondo piano.

I leghisti chiedono un maggiore impegno del governo e ieri il sottosegretario agli Affari esteri ha proposto «una visita del nostro ministro degli Esteri sul campo in Libia per incontrare Haftar potrebbe essere decisiva per fermare un'escalation militare».

E sono di ieri le indiscrezioni riguardo alle possibili dimissioni del rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salamè.

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