Giuseppe Conte premier? «Che senso ha un tecnico a capo di un governo politico - avrebbe commentato ad Arcore Silvio Berlusconi-, un Signor Nessuno, dopo aver tanto combattuto il modello Monti? Non ne capisco la ragione». Immaginava che Salvini sapesse imporsi di più con Di Maio, «invece non l'ha fatto né su un premier condiviso dalla Lega né sul programma. Si è appiattito sulla linea grillina».
Il leader di Forza Italia non riconosce il governo giallo-verde, non gli darà la fiducia. Per lui, è un oggetto alieno, in cui le ricette del centrodestra non si rispecchiano. Troppe contraddizioni, tanta superficialità, niente di utile per lavoro e Mezzogiorno, una buona dose di populismo, antieuropeismo e giustizialismo. Con delusione e irritazione il Cavaliere ha ascoltato a villa san Martino, con i suoi più stretti collaboratori, i discorsi al Quirinale di Di Maio e Salvini, l'irrituale annuncio fuori dal Palazzo del nome del giurista Conte come premier e questo gli è sembrato un ossimoro. Confidava anche in un intervento più incisivo di Sergio Mattarella, che invece gli sembra abbia rinunciato a far pesare il suo ruolo. Almeno sul premier, forse si sentirà di più sui ministri.
Sempre più fermo nella convinzione di fare un'opposizione decisa all'esecutivo Lega-M5S, Berlusconi è seriamente preoccupato per l'allarme che ha percepito personalmente al vertice del Ppe di Sofia e che i mercati amplificano. E le frasi bellicose di Salvini contro i «signornò» di Bruxelles, non lo tranquillizzano. Questa linea, per lui, è «un rischio vero». La strada è segnata per FI, ma il leader potrebbe rimanere isolato. Ancora non è chiara la posizione della leader di FdI, Giorgia Meloni. Sa che sta ancora trattando e certo non gli piacerebbe se alla fine decidesse di appoggiare l'esecutivo M5S-Lega.
Ancor di più, con le amministrative di giugno alle porte, dove il centrodestra corre unito. Non sarà facile per il Cav riuscire nel difficile equilibrismo di votare contro l'alleato leghista e tenere la coalizione insieme. Arrivano segnali che alimentano l'inquietudine dell'ex-premier e il sospetto di un patto di non-belligeranza tra M5S e Lega per le comunali. Come la dichiarazione in Val d'Aosta della capolista della Lega (con un boom di consensi, mentre FI rimane fuori dal Consiglio regionale) che già parla di «dialogo aperto con il M5S». Insomma, quella che fino a poco tempo fa sembrava «una bestemmia» ora potrebbe diventare realtà anche a livello locale.
Mentre il leader tace, la critica di FI sull'esecutivo giallo-verde si focalizza sulla scelta del premier-prof, in attesa di sapere chi saranno i ministri. «È la prima contraddizione - attacca il portavoce dei parlamentari azzurri, Giorgio Mulè- di un presidente del Consiglio che si appresta a iniziare il cammino come mero esecutore di un programma confuso e senza priorità che non risponde alle esigenze del Paese». Su Facebook Mariastella Gelmini, capogruppo di FI alla Camera, sottolinea: «Lega e M5S, da sempre contro i tecnici al governo e contro i cosiddetti premier non eletti dal popolo, hanno indicato per Palazzo Chigi un illustre accademico che di politico ha davvero ben poco. Che differenza c'è con Monti?». I tanti «non mi piace» del partito li dice Anna Maria Bernini, capogruppo di FI al Senato: «Di Maio e Salvini di fatto deludono le aspettative sulla necessità di un premier politico a tutto tondo». Cita il «conato giustizialista» nel programma, con l'allungamento «all'infinito» dei termini di prescrizione e prosegue: «Non ci piace questa flat tax rivista che colpirebbe le fasce più deboli e persino i disabili. Non ci piace questa ondata nazionalizzatrice, non possiamo illudere i cittadini che solo il pubblico possa fare economia buona». Bernini e Gelmini domani riuniscono i gruppi per la prima consultazione sul governo che sta nascendo. «Con la Lega - spiega la Bernini- non siamo separati in casa, siamo alleati in gran parte dei 799 comuni dove si voterà il prossimo 10 giugno». Anche Mara Carfagna, vice presidente della Camera, voleva un premier di alto profilo e si ritrova con Conte, che rischia «di essere uno specchietto per le allodole».
Per Renato Brunetta il patto Di Maio-Salvini «sta spaventando sempre di più i mercati finanziari, gli esperti di economia e i politici europei». Si preoccupa per il Mezzogiorno Renato Schifani: «Altro che reddito di cittadinanza e mance di Stato, il Sud ha bisogno di lavoro e di imprese».
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