«Tav non è quello di cui l'Italia ha bisogno». Il premier Giuseppe Conte accantona il ruolo di mediatore e si schiera apertamente contro la Torino Lione. Una mossa che ribalta il tavolo e impone una brusca frenata alla irresistibile scalata al successo del vicepremier Matteo Salvini. I Cinquestelle escono dall'angolo calando il jolly, ovvero l'endorsement del presidente del consiglio per lo stop al Tav compresi, forse, i bandi che dovrebbero partire l'11 marzo nella prospettiva di dover ridiscutere tutto con la Francia e con la Ue. Conte ha spiegato di essersi convertito alla tesi No Tav dopo aver sottoposto ad una «sorta di stress-test» l'analisi costi benefici durante il lungo vertice di mercoledì notte. E con quel test Conte assicura di essersi convinto della fondatezza di quell'analisi. «Il progetto risale a dieci anni fa e se oggi dovessimo cantierizzarlo mi batterei perché non lo fosse», ha quindi spiegato il premier, che poi ha sottolineato come sia stata «registrata un'iniqua ripartizione degli oneri finanziari». L'opera costa troppo all'Italia soprattutto rispetto ai vantaggi che ne deriverebbero.
Dunque questa volta Luigi Di Maio ha davvero una ragione per sorridere. E infatti subito dopo la conferenza stampa convocata da Conte, che ha confermato la necessità di ripartire da capo chiamando in causa Francia e Ue, il vicepremier grillino ha ringraziato «il Presidente Conte per le parole di responsabilità espresse sul progetto Tav. In ogni passo di questo governo l'obiettivo è uno e sempre uno: l'interesse nazionale». E poi in serata ha detto ai gruppi parlamentari grillini: «Non sono disposto a mettere in discussione il nostro no alla Tav. I bandi vanno sospesi».
L'obiettivo del governo sarà pure l'interesse nazionale ma quello di Salvini e della Lega invece è quello di partire almeno con i bandi in modo da prendere tempo dando l'impressione ai propri elettori che l'opera vada avanti. Ma se davvero si ferma tutto l'alleanza giallo-verde può reggere un urto del genere? Conte assicura: non ci sono crisi di governo all'orizzonte. Il premier riconosce ovviamente che le posizioni di Lega e M5s sono antitetiche ed «hanno creato oggettivamente uno stallo» ma aggiunge che non accetterà che «pregiudizialmente si affermi una o l'altra indipendentemente dal percorso politico». Visto che la situazione si trascina da mesi e che la scadenza dei bandi è vicinissima, l'impossibilità di conciliare le opposte posizioni sembrerebbe preludere inevitabilmente ad un crisi di governo. Ma il premier si dice tranquillo. «Non ci sono rischi anche perché il clima è molto sereno e franco - dice Conte -. Escludo che possa nascere da questo confronto una crisi di governo. Sarebbe assurdo: non stiamo litigando».
Lo scontro immediato si consuma sull'indizione dei bandi non a caso Conte ieri ha anche incontrato Mario Virano, direttore generale della Telt, la società italo-francese responsabile della realizzazione della Tav che deve far partire i bandi. Ieri dopo il lungo vertice notturno Di Maio aveva indicato la strada da seguire sul Tav parlando della necessità di due passaggi. Prima «il blocco dei bandi tramite una delibera del consiglio dei ministri o tramite un atto bilaterale Italia - Francia che intervenga direttamente su Telt» poi «il passaggio parlamentare per il no definitivo all'opera». Un percorso non smentito da Conte che però preferisce prendere ancora tempo: «siamo vedendo di non pregiudicare il finanziamento dell'opera.
Stiamo in uno stallo anche sui bandi ma scioglieremo la riserva entro lunedì».La soluzione di Di Maio però non piace all'ala dura grillina: «Il governo non scarichi sul Parlamento la responsabilità delle scelte sul Tav», tuona Luigi Gallo.
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