Il conto per vent'anni di Ong. Pagati 30 milioni in riscatti

Dalle due Simone in Irak a Greta e Vanessa in Siria: i 13 italiani mandati allo sbaraglio e divenuti ostaggi

Il conto per vent'anni di Ong. Pagati 30 milioni in riscatti

Non esistono ricevute o certezze, ma per volontarie allo sbaraglio, cooperanti più seri e umanitari di ogni genere i servizi segreti avrebbero pagato nel corso degli anni e dei sequestri attorno ai 30 milioni di euro. Gli ex ostaggi italiani delle Ong, più o meno strutturate, sono tredici per una media di oltre 2 milioni di euro a testa. Una bella fetta rispetto all'ottantina di milioni che sarebbero stati sborsati da Pantalone per tutti gli ostaggi italiani rapiti in giro per il mondo.

Per fare tornare a casa Silvia Romano dalla Somalia il riscatto varia, a seconda delle fonti, da 1 milione e 200 mila euro a 4 milioni. L'unica certezza è che gli Al Shabaab lo utilizzeranno per comprare armi e attaccare i «crociati invasori» come bollano le truppe straniere, compreso un centinaio di soldati italiani a Mogadiscio.

Il rilascio delle due Simone rapite in Irak nel 2004 sarebbe costato 4 o 5 milioni di dollari. Simona Pari e Simona Torretta lavoravano per la Ong italiana «Un ponte per». La banda di sequestratori era composta da ex militari di Saddam Hussein convertiti alla guerra santa contro gli americani.

Quattro anni dopo finiscono in ostaggio in Somalia altri due cooperanti, Giuliano Paganini e Jolanda Occhipinti. I connazionali erano impegnati con Cins, una Ong «indipendente riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri Italiano, dalle Nazioni Unite, dalla Commissione dell'Unione Europea e da Usaid». In questo caso sarebbero stati pagati «solo» 700mila dollari.

Le richieste dei rapitori jihadisti dell'Africa orientale si alzano nel 2011 con il sequestro di Rossella Urru e due volontari spagnoli. Si è parlato di un riscatto di 10 milioni di dollari. L'italiana era impegnata in un progetto per le donne del Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli finanziato dall'Unione europea.

Sempre lo stesso anno viene preso in ostaggio nel Sud Sudan il volontario di Emergency, Francesco Azzarà. Il pagamento di un riscatto è come sempre smentito, ma un quotidiano sudanese ha pubblicato la modesta richiesta dei rapitori di 180mila dollari. Un anno dopo finiscono nei guai Paolo Bosusco e Claudio Colangelo catturati in India da una banda armata maoista. Colangelo è un medico e operatore di volontariato, ma Bosusco si occupa di un'agenzia turistica. Gli ostaggi anomali vengono rilasciati in due tappe, dopo quasi un mese di prigionia. Colangelo sostiene, al rientro in Italia: «Nessun riscatto pagato. La mia liberazione è stata un'iniziativa dei sequestratori», ma non aggiunge altro.

Il boom arriva nel 2015 con il ritorno a casa delle due Vispe Terese umanitarie rapite in Siria l'anno prima da sequestratori jihadisti anti Assad. Per Greta Ramelli e Vanessa Marzullo si parla di un riscatto record che varia da 6 a 12 milioni e mezzo di dollari. Mesi dopo il tribunale di Qasimiya, nell'area controllata dai ribelli, condanna un comandante del gruppo integralista Ansar al Islam per essersi appropriato di 5 milioni di dollari del riscatto. Il resto del denaro sarebbe stato diviso dai capi banda locali. Greta e Vanessa sono andate in Siria con un'organizzazione fai da te, «Horryaty (Libertà) -Assistenza sanitaria in Siria». Più attiviste che cooperanti portavano anche kit di primo soccorso militare nelle zone jihadiste.

Il primo rapimento di cooperanti, dopo la caduta del muro di Berlino, avviene nel 1996 in Cecenia.

Sandro Pocaterra, Augusto Lombardi e Giuseppe Valenti dell'Organizzazione non governativa «Intersos» sono presi in ostaggio nella repubblica islamica ribelle a Mosca. Grazie alla mediazione di Adriano Sofri e al sistema di potere locale tornano a casa nel giro di due mesi. Allora, però, il prezzo del riscatto per un ostaggio italiano non superava il mezzo milione di dollari.

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