Ecco la svolta rosa dell'ebraismo romano

La più numerosa comunità italiana al voto: tre candidate

Ecco la svolta rosa dell'ebraismo romano

Oggi a Roma si vota; e alle urne saranno chiamati i più antichi abitanti della città: gli ebrei. Saranno 20.000 i cittadini romani di religione ebraica che dovranno scegliere il nuovo presidente della Comunità e i ventotto consiglieri (compresi i nove di governo).

Quella degli ebrei romani non è solo la più numerosa comunità italiana, ma anche la più antica d’Occidente essendo presenza ininterrotta dal II sec. a.C.; gli ebrei abitano Roma da prima dei papi.

Queste elezioni sono un punto di passaggio importante non solo perché riguardano una comunità che appartiene al nucleo fondante della romanità.

Innanzitutto finisce l’era di Riccardo Pacifici il presidente uscente, figura di peso della Comunità ebraica non solo romana degli ultimi anni; l’uomo che è stato capace di dare un ruolo politico nazionale e una visibilità mediatica alla figura di Presidente da sempre relegata ad una semplice funzione amministrativa. Dopo tre mandati consecutivi (due da vicepresidente e l’ultimo da Presidente) non può più candidarsi.

A raccogliere la sua eredità sono quattro candidati e di questi, novità assoluta, tre sono donne.

La svolta rosa dell’ebraismo romano è qualcosa d’inaspettato.

Le tre donne sono Ruth Dureghello candidata con la lista “Per Israele”; già Assessore alla scuola della Comunità ebraica, è stata in questi anni una delle più strette collaboratrici di Riccardo Pacifici. La sua candidatura rappresenta la continuità con la presidenza precedente ma nello stesso tempo, un profondo radicamento nel tessuto della Comunità romana.

Poi, c’è Fiamma Nirenstein, candidata per la lista “Israele siamo noi”; personaggio di spicco dell’ebraismo italiano e internazionale. Intellettuale, da sempre impegnata in prima linea sui temi della politica estera e del Medio Oriente; editorialista de Il Giornale, è stata parlamentare nel 2008 nelle file del Pdl ricoprendo il ruolo di Vicepresidente della Commissione Affari Esteri. La sua candidatura è giunta sul filo di lana in maniera inaspettata.

Infine Claudia Fellus, a capo di una lista di sole donne, “Binah”, il cui obiettivo è di riunire le diverse anime della Comunità romana; di origini libiche, moglie dello scomparso giornalista economico Mario Pirani, si occupa di temi legati alla solidarietà anche in ambito Ucei.

L’unico uomo candidato è Maurizio Tagliacozzo, con la lista “Menorah”; 52 anni imprenditore e figlio d’arte (suo padre fu Presidente negli anni ’80); con un programma incentrato sulla moralità tanto da proporre un nuovo codice etico comunitario.

Le tre donne candidate (con le prime due in pole position per la vittoria finale) hanno acceso il dibattito tra le strade attorno al Portico di Ottavia e la sinagoga.

“È una campagna elettorale vera e propria” ci spiega Raffaele Pace leader storico della Comunità; “gli ebrei romani sono coinvolti e partecipi e la novità delle tre donne sembra aver acceso un entusiasmo alla partecipazione che non vedevamo da anni”.

È lui ad aver convinto Fiamma Nirenstein a scendere in campo.

E lei, raggiunta al telefono, ci spiega le ragioni: “ho dedicato sempre la mia vita alla difesa del popolo ebraico; l’ho fatto con i miei libri, con l’attività parlamentare e nelle organizzazioni internazionali dove opero. Mi è sembrato giusto accettare la candidatura perché, ora più che mai, c’è una dimensione internazionale che attraversa il tema degli ebrei in Europa e del dilagare dell’Islam. Io mi oppongo all’immagine degli Ebrei che camminano a capo chino nelle città europee per paura della violenza islamica - continua la Nirenstein - voglio che la comunità romana diventi il simbolo del riscatto ebraico in un’Europa impaurita dall’integralismo e dal terrorismo”.

Ruth Dureghello ci accoglie invece nel suo studio a fianco alla Sinagoga. Con lei una squadra di ragazzi e ragazze che le organizzano la campagna elettorale.

Si definisce una “professionista della Comunità Ebraica”: “ho lavorato in questi anni al fianco di Riccardo Pacifici nelle istituzioni ebraiche romane e nazionali e insieme abbiamo costruito quel modello organizzativo che ha ricevuto apprezzamenti dalle Comunità ebraiche d’Europa e Stati Uniti”. Anche per lei l’identità ed il legame con Israele e con il suo popolo sono un elemento fondante “ma non dobbiamo dimenticare che il governo della Comunità richiede capacità e competenze”, perché “la Comunità non è un partito né un’azienda ma un corpo sociale vivo che deve garantire servizi, solidarietà incontro, opportunità, valore umano; un corpo sociale vivo, esattamente ciò che rappresentiamo noi Ebrei per l’Italia”.

Ma il grande tema rimane quello dell’affluenza al voto. Fabio Perugia, portavoce della Comunità ebraica romana ci spiega che “la speranza è riuscire a riconquistare quel pezzo della Comunità che in genere non va votare”.

Nelle ultime elezioni solo il 35% degli aventi diritto si è recato ad esprimere il voto. Sono “gli ebrei invisibili, quelli che non partecipano alla vita della Comunità” e che ora, la svolta rosa della comunità romana potrebbe riconquistare.

@GiampaoloRossi

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