Roma - Un candidato civico, il rettore Fabrizio Micari, per la guida della Regione Sicilia che ha tutte le sembianze dell'agnello sacrificale. Il tentativo di usare il trampolino siciliano per ritrovare una centralità nazionale. I malumori diffusi tra i suoi rappresentanti sul territorio in merito al divorzio dal centrodestra, con conseguente ondata di addii. La correzione in corsa dell'accordo con il Pd con la richiesta imperativa di schierare accanto a Micari l'europarlamentare Giovanni la Via, così da tamponare l'emorragia interna.
Angelino Alfano in Sicilia si appresta a giocare una partita difficilissima e tormentata. Una sorta di battaglia all'ultimo voto per presentarsi poi tra sei mesi con il miglior biglietto da visita possibile alla trattativa finale: quella per essere accolto in coalizione con il centrosinistra con un buon potere contrattuale. La Sicilia in questo senso, almeno sulla carta, rappresenta l'occasione migliore. Qui Alfano può contare su due grandi portatori di voti come Giuseppe Castiglione, sottosegretario alle Politiche agricole con Letta, Renzi e ora Gentiloni, e l'ex senatore Pino Firrarello (suocero di Castiglione). Sono loro i detentori del consenso alfaniano, in particolare nella vasta area del catanese che ha come epicentro la città di Bronte, dove Firrarello è stato sindaco per quattro mandati. Nei giorni scorsi l'Espresso si chiedeva se «è davvero ancora così salda la presa di Firrarello & Castiglione sul loro feudo, trampolino e serbatoio per la partita di Alfano a Palermo come a Roma». Una domanda fondamentale per decrittare il futuro politico del ministro degli Esteri.
Ignazio La Russa - da suo ex vicino di banco in Consiglio dei ministri - rimprovera ad Alfano di non aver saputo rischiare. «Lo dico senza iattanza: in questa partita lo ha tradito la cultura Dc, il desiderio di restare ancorato al governo. Avrebbe dovuto prendersi i suoi rischi, fare uscire i suoi dalla Giunta Crocetta e appoggiare Musumeci con una lista civica. A quel punto, chissà, sarebbe potuto cambiare ancora tutto per lui».
Le fibrillazioni non scuotono soltanto il partito siciliano. Gabriele Albertini, capofila dell'ala lombarda di Ap, non usa mezzi termini per condannare l'accordo organico a sinistra. «La soluzione ottimale per risolvere i nostri problemi di disgregazione era l'intesa tra Alfano e Stefano Parisi, saltata tempo fa a causa della mancata riforma elettorale e ora diventata molto più complicata per la scelta fatta da Ap in Sicilia». Una scelta, «che non mi convince affatto. A questo punto, il ceto dirigente di Ap ha deciso di stare con la sinistra come linea politica prospettica, non come successo fino a ora, per garantire le riforme e scongiurare la sicura vittoria di M5S dopo la rottura della maggioranza sul governo Letta».
A questo punto Albertini guarda a Parisi oncaricato di raccogliere tutte le forze politiche di centro destra in cerca di una casa comune: dai «fittiani» a «Idea» di Gaetano Quagliariello, al neo movimento liberale di Enrico Costa. Un nuovo soggetto politico di centro moderato che potrebbe chiamarsi «Costituente per l'Italia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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