Coronavirus

"Così noi ci siamo attrezzati con il fai-da-te". Crisanti e i 2,5 milioni di test del Veneto

Servono strumenti e pure un protocollo preciso. E occhio ai falsi negativi

"Così noi ci siamo attrezzati con il fai-da-te". Crisanti e i 2,5 milioni di test del Veneto

Tamponi questi sconosciuti. Se ne parla tanto, sono indispensabili per individuare la presenza del Covid nel nostro organismo, se si è positivi, insomma. Ma sembrano merce rara. Più che il bastoncino e la provetta, mancano i reagenti. C'è penuria e in questo inizio di Fase 2, molte regioni sono bloccate. Il Veneto fa eccezione perché ha utilizzato il sistema fai-da-te. Come spiega Andrea Crisanti, professore di parassitologia molecolare all'Imperial college di Londra e rientrato in Italia come direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell'Università (e azienda ospedaliera) di Padova. «Abbiamo iniziato a farli da soli il 20 gennaio racconta quando abbiamo avuto notizia dell'epidemia in Cina. Ci siamo attrezzati, abbiamo sviluppato un test fatto in casa, praticamente identico a quello che aveva fatto lo Spallanzani di Roma e ci siamo approvvigionati per mezzo milione di reagenti, dopodiché abbiamo comprato una strumentazione che li miniaturizzava e adesso ne abbiamo per 2 milioni e mezzo». Praticamente la metà del totale che il commissario straordinario Domenico Arcuri vuole distribuire nelle varie regioni.

Ma il proverbio «chi fa da sé fa per tre», in questi tempi di coronavirus, è da tenere bene a mente. E, in attesa che qualcuno imiti le virtuose iniziative venete, è utile spiegare come avviene il tampone. In pratica il test consiste nel prelievo, tramite un bastoncino cotonato, di materiale biologico (mucosa) presente nella faringe che è posizionata nella parte alta delle vie respiratorie, ed è il punto giusto per trovare traccia della presenza di un virus respiratorio.

La semplicità del test non significa però che possa essere eseguito da chiunque o in autonomia: per avere un risultato attendibile è necessario che venga seguito con precisione un protocollo di prelievo, che a eseguire l'esame sia personale addestrato e specializzato. Ed è l'operatore che, mentre esegue il test, userà un abbassalingua per evitare che il bastoncino venga a contatto con altri superfici come denti o lingua, che potrebbero contaminare l'esito del test. Dopo averlo accuratamente sigillato, il campione viene inviato direttamente a un laboratorio di microbiologia. Qui viene sottoposto a una particolare procedura e i risultati si ottengono entro 4-5 ore.

Anche se il tampone faringeo viene eseguito e gestito da esperti, la sua affidabilità non è del 100 per cento. Secondo le statistiche sui tamponi faringei, la percentuale di falsi positivi è compresa tra l'1 e il 4 per cento. Vale a dire, una piccolissima frazione dei tamponi potrebbe erroneamente rivelare la presenza del coronavirus anche se non c'è, per esempio perché è presente un'altra infezione virale che fa da confondente.

Più significativo, invece, è il caso dei falsi negativi, ossia di persone che risultano non infette quando invece sono già state contagiate: in generale si stima che questo caso potrebbe riguardare una persona su dieci.

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