Costruzioni in crisi e consumi in calo. L'Italia non riparte mai

L'edilizia frena e in vista c'è la revisione del catasto. Cresce l'indice del disagio sociale

Costruzioni in crisi e consumi in calo. L'Italia non riparte mai

Gli italiani sono più poveri. Non è un problema di percezione, ma di tasche vuote. I consumi calano e l'edilizia soffre. La verità emerge dai dati e dagli osservatori più esposti ai rovesci della crisi, con buona pace di chi - come le istituzioni europee - sostiene che in fondo colpire le «rendite» da mattone e gli acquisti sia la via più indolore al risanamento delle finanze pubbliche. Anche a febbraio l'indice dei consumi di Confcommercio ha registrato un calo dello 0,1%. Su base annua una crescita dello 0,1%. Per la Confederazione dei commercianti è la conferma di un profilo di crescita «modesto» con un'evoluzione che, «seppure in contenuto miglioramento dall'estate del 2016, appare molto debole e inadeguata a produrre stimoli significativi alla ripresa». Pesa il calo di fiducia. Cresce l'indice macroeconomico di disagio sociale, che si è infatti attestato, a gennaio 2017, sul valore più elevato dell'ultimo anno e mezzo.

Leggermente più positiva appare la situazione sul versante delle imprese. A febbraio l'indice di fiducia si è attestato poco al di sotto dei valori di fine 2015. Ottimismo più accentuato tra gli operatori del commercio al dettaglio e gli imprenditori del manifatturiero, mentre è risultata stabile la fiducia degli imprenditori delle costruzioni e dei servizi di mercato. Insomma persino Confcommercio, che difficilmente cede al pessimismo, fa fatica a intravedere segnali positivi.

Le associazioni dei consumatori, invece, non hanno dubbi: è povertà vera. «Non si tratta di un deterioramento della fiducia delle famiglie o dell'incertezza sulle prospettive economiche dell'Italia. Quello che pesa sono le tasche vuote degli italiani», spiega Massimiliano Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori.

A soffrire sono i settori che dipendono maggiormente dalla domanda, quindi dalla disponibilità degli italiani a spendere. La crisi dell'edilizia sembra non arrestarsi, con il rischio che opinione pubblica e politica si abituino alla serie di dati negativi del settore. Ultimi quelli di ieri dell'Istat.

L'indice della produzione nelle costruzioni di gennaio è in netto calo con una riduzione del 3,8% rispetto a dicembre 2016, mentre su base annua la riduzione è del 5,2% per l'indice corretto per gli effetti di calendario.

Unica nota positiva sul mattone è la ripresa degli investimenti esteri. Una fase di «rilancio», ha sostenuto pochi giorni fa l'Ance, l'associazione dei costruttori, grazie agli investitori oltreconfine. Poco dalle tasche degli italiani, nonostante i mutui favorevoli.

Poi c'è quella terra di mezzo tra consumi ed edilizia che è il mondo degli affitti commerciali. Il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa e anche le associazioni dei commercianti denunciano da tempo la crisi del settore. Ci sono circa 600 mila negozi sfitti. Sulle locazioni commerciali il fisco pesa per 60% e mancano strumenti come la cedolare secca, che sull'immobiliare residenziale sta dando risultati positivi.

Nonostante la crisi dei consumi e dell'edilizia, le ricette che filtrano dal cantiere della manovra e della legge di Bilancio del 2018 sono revisione del catasto e aumento della fiscalità sui consumi. La prima riforma rischia di provocare rincari per i proprietari di immobili. Per quanto riguarda i consumi, sicuro un aumento delle accise, già con la manovra. Poi, nel 2018, molto probabile quello dell'Iva.

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