Creativi oppure manager Gli italiani vanno all'estero e adesso sono di moda

Tisci sarà lo stilista di Burberry. Francesca Bellettini è amministratore delegato di Saint Laurent

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Parigi La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno nel bel mezzo delle sfilate di Parigi: Riccardo Tisci, 43 anni, per 12 alla guida di Givenchy e dal 2017 felicemente disoccupato (si fa per dire perché nel frattempo ha disegnato superbe collezioni per Nike Lab e i costumi per lo spettacolo teatrale Seven Deaths di Marina Abramovich) sarà il nuovo direttore creativo di Burberry. Tornerà quindi a vivere a Londra, la città in cui si è laureato in stilismo alla prestigiosa Saint Martin's School facendo lavori d'ogni tipo per pagarsi gli studi. Soprattutto tornerà a lavorare con Marco Gobbetti, il bravissimo manager vicentino nominato un anno fa amministratore delegato di Burberry dopo una serie di successi internazionali nessuno dei quali clamoroso come il rilancio di Givenchy. Accadde nel 2004, quando Gobbetti decise di lasciare Moschino per lo storico marchio francese affidandone le sorti creative all'allora sconosciuto designer nato a Taranto ma cresciuto in provincia di Como. La decisione fece scalpore anche perché in breve tempo i due italiani ottennero risultati di critica e pubblico senza precedenti. Non sono i soli.

Francesca Bellettini, 48 anni portati alla grande, dal 2013 amministratore delegato di Saint Laurent ha ottenuto risultati incredibili con Hedi Slimane e sta continuando una specie di marcia trionfale con l'italo-belga Anthony Vaccarello. Insieme hanno raggiunto un giro d'affari di 1,5 miliardi di euro l'anno con una crescita superiore al 20 per cento da 17 trimestri. Soprattutto hanno inventato un nuovo modo di fare moda dentro una storica maison: tutto sotto il segno del rispetto, ma facendo ogni volta una vera evoluzione di quella grande tradizione del passato. Il loro segreto? Lei ritiene che l'amministratore delegato di un'azienda di moda debba dare fiducia ai direttori creativi, metterli al centro di tutto e supportarli in qualunque decisione. «Io il loro lavoro non lo so fare, ma un altro che fa il mio lo trovano» dice serafica. Inevitabile a questo punto pensare che la famosa frase «Italians do it better» (gli italiani lo fanno meglio) non si riferisca solo al sesso e alla cucina. Certo nella moda c'è una vera e propria internazionale di talenti. Prendiamo il caso di Kenzo, primo marchio giapponese di Parigi oggi disegnato dal duo creativo composto da Carol Lim (americana di origini asiatiche) e Humberto Leon (californiano di origini sudamericane) che l'altra sera hanno organizzato un'incredibile sfilata-cena per presentare Memento 3, il terzo capitolo di uno speciale progetto del brand. Si tratta di un vero e proprio tuffo nell'archivio da cui i due escono con l'idea di una nuova collezione.

Stavolta si è trattato del negozio Jungle aperto da Kenzo Takada nella Parigi post maggio francese che aveva le pareti dipinte dallo stesso stilista con una felice imitazione dei quadri di Henri Russeau, il cosiddetto Doganiere.

Siccome non bastava l'uso dei colori lussureggianti, un certo non so che di tropicale perfino nella maglieria e il quadro intitolato la Sognatrice riprodotto fendelmente nello jaquard di un delizioso cappottino, i due hanno occupato nove sale della vecchia zecca di Parigi e hanno fatto decorare una ventina di tavoli con fiori, frutta e verdura tra cui lo chef Suje Yamaguchi di New York ha nascosto il cibo da mangiucchiare durante lo show. Tra i 280 ospiti c'è chi ha bevuto il condimento del pinzimonio e chi ha mangiato una bacca schifosa. Tutti hanno però adorato le conchiglie ammuffite che erano in realtà deliziosi sufflè.

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