Roma Ora nel caso Cucchi potrebbe innescarsi l'«effetto domino». Dopo il racconto fatto dal carabiniere Francesco Tedesco sul pestaggio che il geometra romano avrebbe subito ad opera dei colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, nell'Arma potrebbero cadere pedine importanti.
Nel mirino della Procura sono finiti il luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stazione di Tor Sapienza, dove Cucchi venne portato dopo essere stato arrestato per droga nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 e Francesco Di Sano, carabiniere scelto della stessa stazione, indagati per falso ideologico. Nel fascicolo della Procura, però, accanto al loro nome compare quello di almeno altri due colleghi, ma l'elenco potrebbe essere molto più lungo. Colombo era stato tirato in ballo indirettamente proprio da Di Sano, che ebbe in custodia la vittima. In Corte d'assise il 17 aprile scorso ammise di aver dovuto ritoccare il verbale sullo stato di salute del detenuto, senza precisare da chi fu sollecitata la modifica. «Certo il nostro primo rapporto è con il comandante della stazione, ma posso dire che si è trattato di un ordine gerarchico», disse Di Sano. Nella stessa sede anche il piantone Gianluca Colicchio, che gli subentrò nella custodia del trentenne, aveva parlato di anomalie in una relazione di servizio: «È strana, porta la mia firma ma io non la ricordo e contiene termini che io non uso».
Il pm Giovanni Musarò ha già sottoposto Colombo a una perquisizione, con lo scopo di individuare eventuali contatti e mail con i suoi superiori, per capire se abbia ricevuto pressioni dall'alto per «ammorbidire» il caso. Adesso dalla testimonianza del comandante potrebbe dipendere il destino degli ufficiali più alti in grado, che all'epoca acquisirono informazioni su quanto avvenuto senza adottare alcun provvedimento. Dall'istruttoria, infatti, è emerso che i vertici dell'Arma erano a conoscenza del pestaggio di Cucchi prima che il caso arrivasse alla magistratura.
«Sono rinato - ha detto ieri Tedesco -. Ora non mi interessa nulla se sarò condannato o destituito dall'Arma. Ho fatto il mio dovere; quello che volevo fare fin dall'inizio e che mi è stato impedito». Ma tra dicembre e gennaio sarà ascoltato in Corte d'assise.
«Se mi si chiede per quale motivo parla dopo nove anni - ha commentato Ilaria, sorella di Stefano - chiaramente io non posso giustificarlo ma posso comprenderlo, perché vedo quello che sta subendo il suo collega Riccardo Casamassima, che ha denunciato e ha contribuito al fatto che si riaprissero le indagini, quelle vere, sulla morte di mio fratello e adesso viene penalizzato dai suoi superiori in tutte le maniere». Casamassima era stato l'artefice della riapertura dell'inchiesta. «È stato piegato ma non spezzato - ha detto il suo legale, l'avvocato Serena Gasperini - forse ora vede la luce. Mi auguro che questi provvedimenti contro di lui vengano ritirati. Credo che sia arrivato il momento di rimetterlo al suo posto e togliere la divisa a qualcun altro». Ma il passato non si dimentica, nemmeno le offese. Lo sa bene Ilaria, che a distanza ha risposto a Salvini. «Il giorno in cui il ministro dell'Interno chiederà scusa a me, alla mia famiglia e a Stefano allora potrò pensare di andarci, prima di allora non credo proprio - ha sottolineato -.
Una cosa che non tutti sanno è che mio fratello in quei sei giorni è entrato in contatto con 140 o 150 pubblici ufficiali. Nessuna di quelle persone è stata capace di guardare oltre il pregiudizio e di vedere oltre quel detenuto un essere umano che stava morendo. Se lo avessero fatto ora non esisterebbe nessun caso Cucchi».
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