Cuffaro, visita negata alla madre Il giudice: non può riconoscerlo

Sconcertano le motivazioni con le quali è stato impedito al politico detenuto di vedere la mamma affetta da demenza senile. Forza Italia sollecita Orlando

Cuffaro, visita negata alla madre Il giudice: non può riconoscerlo

Quale sia la colpa di Salvatore Cuffaro, oltre a quel favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per il quale è stato condannato a 7 anni, non si sa. Perché a un detenuto che ha già scontato oltre metà della pena, a un carcerato modello quale lui è da gennaio del 2011, quando si è presentato spontaneamente dopo la sentenza definitiva al carcere romano di Rebibbia, a un condannato che per il suo atteggiamento processuale ha ricevuto persino gli elogi del giudice che l'ha condannato (quell'Antonio Esposito poi divenuto celebre per la condanna di Berlusconi), non si nega un permesso per andare a trovare la madre novantenne malata. E soprattutto non lo si nega con la motivazione che il giudice ha dato: la mamma ha la demenza senile, magari non lo riconoscerebbe. Quindi no, niente visita.

No, niente visita. Peggio per lui se si chiama Salvatore Cuffaro e non Mario Rossi. Niente visita per dare a mamma Ida, maestra in pensione, una mente vacillante che ogni tanto si lamenta per questo figlio che non la va mai a trovare perché non ricorda che è in carcere, un bacio che potrebbe essere l'ultimo. Niente bacio. Lui, che per nomignolo aveva Totò vasa vasa , bacia-bacia in siciliano, per il suo vizio di salutare tutti scoccando due bei baci. Un contrappasso crudele. La motivazione choc del giudice di sorveglianza di Roma, che ha fatto indignare l'ex ministro Stefania Prestigiacomo che ha lanciato un appello al ministro di Giustizia Andrea Orlando, è racchiusa in due scarne paginette e porta la data del 12 marzo scorso, anche se mediaticamente la notizia si è appresa solo adesso. Nel provvedimento il magistrato di sorveglianza Valeria Tomassini ricorda il carattere di eccezionalità del permesso richiesto da Cuffaro, elenca le patologie della madre del detenuto certificate dalla Asl, tra cui la demenza senile, sottolinea che la signora non è moribonda, e quindi scrive: «Il deterioramento cognitivo evidenziato svuota senz'altro di significato il richiesto colloquio poiché sarebbe comunque pregiudicato un soddisfacente momento di condivisione». Tradotto dal legal-burocratese: la mamma non capisce più nulla, quindi la visita non serve.

Sta pagando Cuffaro. E non solo per quell'aiuto ai mafiosi che per i giudici della Cassazione fu volontario. No, sta pagando molto di più. Paga l'essere stato il più potente governatore che la Sicilia abbia mai avuto, il politico da record di preferenze e folle oceaniche. Paga l'aver sfidato tutto e tutti, come quando si presentò ad Annozero da Santoro con la coppola in testa per attaccare con ironia chi lo accusava di essere mafioso. Paga una foto, quella col vassoio di cannoli subito dopo la condanna in primo grado a cinque anni, che gli è costata forse più di tante altre accuse.

«C'è un accanimento contro Cuffaro, questa è crudeltà», dice l'ex ministro Prestigiacomo, ora deputata di Forza Italia, che è riuscita col suo appello al ministro Orlando a sollevare un'indignazione generalizzata, da Forza Italia a Ncd passando anche per l'Udc. E in effetti, guardando quello che ha preceduto questo «no» alla visita alla mamma, i dubbi sul fatto che la giustizia sia uguale per tutti, ma ancora più uguale e rigida per il detenuto Cuffaro, non mancano. C'è stato, l'anno scorso, il «no» all'affidamento ai servizi sociali per scontare gli ultimi due anni (uscirà per fine pena a gennaio del 2016), nonostante il parere favorevole del pg. E c'è stato anche il no di fatto ai funerali del padre.

Cuffaro lo aveva salutato per l'ultima volta a ottobre, un permesso di appena sei ore. Papà Raffaele morì il 31 dicembre del 2012. Il permesso al detenuto per il funerale fu concesso il 2 gennaio, l'1 era festa. Cuffaro arrivò solo per la tumulazione. Per una carezza alla bara chiusa.

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