L'errore può essere un eccezione. Cannare gran parte delle stime e rendere impraticabile il rispetto di obblighi già odiosi (tipo lo spesometro con la comunicazione trimestrale delle fatture) è altra cosa. Fare stime attendibili o approvare policy realistiche sembra sia diventata un'opzione più che un obbligo, tanto che sulle scrivanie del ministero dell'Economia si stanno impilando correzioni su gettiti e previsioni. Per giudicare l'aggiornamento del Def, (Documento di economia e finanza) è troppo presto. Ma sulle sue stime, fondamentali per orientare la politica economica, è caduta una pioggia di critiche per l'eccesso di ottimismo, in qualche modo ammesso dallo stesso ministro Pier Carlo Padoan.
La crescita del Pil che riprende vigore è l'architrave di tutto l'aggiornamento. Ma c'è la possibilità che non vada esattamente come previsto. L'Ufficio parlamentare di Bilancio, ha ad esempio spiegato che quell'1,5% per il 2018 è accettabile, ma si piazza «nell'estremo superiore» delle stime dei suoi esperti. Sul 2019 e 2020 ci sono poi forti perplessità perché si ignorano dei «fattori di rischio negativo». Scelte che ti aspetteresti da un governo più politico di quello Gentiloni.
C'è un altro dato che ha fatto discutere: quello sui tassi di interesse. È noto che la Bce cambierà strada e interromperà gli acquisti di titoli di stato, soprattutto italiani, entro pochi mesi. Tempi duri per gli italiani, anche perché in Germania la destra incalza la Cdu di Angela Merkel. Ma secondo il governo non ci saranno conseguenze sui tassi di interesse e quindi sulla spesa. A notarlo è stato il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta. Peccato, spiega l'esponente azzurro, che «tutti gli esperti internazionali siano concordi nel sostenere che il disimpegno della Bce nell'acquisto di titoli italiani rappresenta uno dei principali fattori di instabilità per le nostre finanze pubbliche, con il rischio di un forte aumento degli spread».
Si potrebbe obiettare che i miracoli sono sempre possibili. Più difficile contestare gli errori del passato, comunque recente, come quelli sulla voluntary disclosure. La sanatoria sui capitali detenuti all'estero avrebbe dovuto dare 1,6 miliardi di euro, ma si è fermata a 850 milioni, come certifica la nota di aggiornamento del Def. Per contro, altre misure come quella per sciogliere le società di comodo e conferire i beni ai soci sono andate molto meglio del previsto. Il primo versamento non ha dato i 30 milioni attesi, ma 150. Alla fine le entrate potrebbero ammontare a mezzo miliardo. Come dire, una sanatoria che doveva dare molto ha dato pochissimo. Un incentivo a semplificare ha fatto entrare nelle casse dello Stato una cifra cinque volte superiore quella preventivata. Provvedimenti bollinati dalla Ragioneria, eppure poco attendibili.
Difficile scovare segni di pentimento. Fa eccezione il cosiddetto spesometro. Dopo mesi di proteste dei commercialisti, con i sistemi informatici per segnalare le fatture fuori uso, l'Agenzia delle entrate ha rinviato il termine di fine settembre al 5 ottobre. Ieri la piattaforma per le comunicazioni è stata rimessa in funzione, ma solo per alcune operazioni. Misura insufficiente.
Poi c'è il rischio caos sulle sanzioni, la cui applicazione in questa fase sarà a discrezione degli uffici del Fisco. Il ministero dell'Economia ha quindi deciso di valutare un'ulteriore proroga. In ritardo. Tanto agli errori nessuno fa più caso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.