Il debito zero non basta Il titolo Fca sprofonda Ora vale di più Ferrari

In Borsa -15% dopo la morte del manager Il successore Manley ha rivisto gli obiettivi

Il debito zero non basta Il titolo Fca sprofonda Ora vale di più Ferrari

Una coincidenza drammatica. Sergio Marchionne ha cessato di vivere nel giorno della seconda trimestrale, la stessa che avrebbe dovuto commentare, ieri pomeriggio, con gli analisti. È così toccato a Mike Manley, da sabato nuovo ad di Fca, affiancato dal cfo Richard Palmer, presentare i dati al mercato. Un esordio che il manager inglese non avrebbe mai messo in conto, anche per la giornata nerissima vissuta da Piazza Affari: le azioni Fca, più volte sospesa al ribasso, hanno perso il 15,5%, crollando a 13,99 euro. Male anche il resto della galassia Elkann-Agnelli: Ferrari -2,19%; Cnh Industrial -0,97% e la holding Exor -3,49%. Ecco allora lo storico sorpasso della «Rossa» nei confronti di Fca: per 20 milioni, Ferrari (21,699 miliardi) capitalizza più del Lingotto (21,679 miliardi) che ha bruciato 3,7 miliardi.

Manley ha ricevuto dal suo illustre predecessore un gruppo con «zero debito», come anticipato dalla cravatta che Marchionne aveva indossato per pochi minuti all'Investor Day dell'1 giugno. La liquidità netta industriale si pone ora a 0,5 miliardi, salendo di 1,8 miliardi tra aprile e giugno.

A condizionare il mercato è stato l'utile, calato del 35% (da qui la débâcle in Borsa) con il conseguente taglio degli obiettivi per il 2018, mentre quelli relativi al piano 2022 restano immutati. «Il mio mandato è portare a termine con successo un piano quinquennale di una Fca forte e indipendente - ha ribadito il nuovo ad -: Sergio Marchionne sapeva che sarebbe stato un trimestre duro e così è stato».

Le consegne in aumento del 6% (1,3 milioni di vetture) e i ricavi in crescita del 4% (29 miliardi) non sono bastati: Fca chiude il secondo quarto con un utile netto a 754 milioni, a fronte degli 1,15 miliardi di un anno prima. Se resta fermo il target di 5 miliardi di utile netto adjusted, i ricavi netti sono visti a 115-118 miliardi da circa 125 miliardi, l'Ebit adjusted a 7,5-8 miliardi, da 8,7 miliardi, e la liquidità netta industriale intorno a 3 miliardi da circa 4 miliardi. «Gli obiettivi al 2022 sono fattibili e ragionevoli - rassicura Manley - e Marchionne era consapevole che le prospettive per quest'anno sarebbero state da rivedere. Ma il 2018 rappresenta per noi un anno molto forte».

Il manager, evidenziato il record di profitti in Nord America, con un utile operativo di 1,4 miliardi (+8%), ha spiegato di guardare a un «significativo incremento» della redditività nella seconda metà dell'anno.

Ma la sfida più grande e da vincere continua a riguardare la Cina, che ha visto Manley impegnato negli anni scorsi come responsabile di tutta l'area asiatica. La situazione nel primo mercato mondiale continua a essere complicata per Fca, con Maserati che ha sofferto un calo delle consegne nel trimestre per problemi legati ai dazi.

E sempre Manley conta, in proposito, sull'«importante riposizionamento di Jeep».

L'ad che ha guidato fino alla scorsa settimana Jeep e Ram parla anche della possibilità di alleanze, ricordando che il Lingotto, come da impronta di Marchionne, resta «flessibile». E poi la precisazione che «il gruppo è comunque attrezzato per andare avanti sulle proprie stesse ruote».

Fiducioso è anche il cfo Palmer: «La guidance del 2018, anche dopo la revisione al ribasso, evidenzia una crescita rispetto al 2017 a cambi costanti». Un cenno, infine, alle dimissioni del coo Emea, Alfredo Altavilla: «La sua uscita - così Manley - non credo che impatterà sulla nostra strategia; una notizia che è stata accolta con dispiacere».

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