L'appunto

Il derby nazionale dietro il braccio di ferro Salvini-Meloni

Il leader della Lega vuole non solo spostare la barra su Alfio Marchini (con cui da mesi è in grande sintonia) ma anche insidiare la Meloni a Roma, città che storicamente è il principale bacino elettorale di Fratelli d'Italia

Il derby nazionale dietro il braccio di ferro Salvini-Meloni

Definirlo uno scontro per la leadership del centrodestra sarebbe eccessivo, anche perché finché Silvio Berlusconi starà in campo lo spazio di manovra resterà comunque limitato. Ma di certo il braccio di ferro in corso su Roma tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni va di molto oltre la semplice scelta del candidato sindaco al Campidoglio.

È chiaro, infatti, che con il dietrofront su Guido Bertolaso il leader della Lega vuole non solo spostare la barra su Alfio Marchini (con cui da mesi è in grande sintonia) ma anche insidiare la Meloni a Roma, città che storicamente è il principale bacino elettorale di Fratelli d'Italia. Una vera e propria sfida, attraverso cui Salvini vuole mettere nero su bianco il fatto di non considerarsi solo il leader di una formazione a vocazione regionale.

Tutt'altro, al punto che il Carroccio si sente in diritto di dire la sua persino sul candidato sindaco della Capitale. E lo farà in pompa magna sabato e domenica prossima, quando proprio a Roma la Lega vuole tenere una sorta di elezioni primarie. Una consultazione sotto i gazebo nella quale si chiederà ai militanti di esprimere il loro gradimento sul candidato sindaco del centrodestra. E appare piuttosto scontato che Bertolaso non farà il pieno dei voti.La cosa è stata decisa ieri, dopo un lungo incontro in via Bellerio tra il leader del Carroccio e i dirigenti di Noi con Salvini di tutta Italia (dalla Sicilia alla Campania, passando per Calabria e Puglia). Per il Lazio c'era ovviamente Barbara Saltamartini, che dalla destra romana è arrivata nella Lega ormai un anno fa e che è una delle più accese sostenitrici della candidatura Marchini.

Il punto, adesso, è capire se e quanto saranno forti le resistenze di Berlusconi che non ha mai fatto mistero di non amare lo strumento delle primarie. Ma di certo fa bene la Meloni a non arretrare di un passo, perché qualsiasi cedimento a Salvini su Roma equivarrebbe ad un'ammissione di sudditanza destinata a segnare il futuro. Comunque si concluda il derby tra i due, è probabile che alla fine si troverà una soluzione più di compromesso che di rottura.

Non solo perché presentarsi a Roma con tre candidati (al momento è in corsa anche Francesco Storace) sarebbe un suicidio, ma anche perché questo rischierebbe di far saltare il banco nelle altre città al voto, a partire da Milano dove Stefano Parisi sta tenendo insieme in un delicato equilibrio Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia e pure Ncd.

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