Roma - È sempre più solo Angelino Alfano. Il tempo stringe, le elezioni politiche si avvinano e Ap deve trovare una sua collocazione. Altrimenti è fuori dai giochi.
Maurizio Lupi, coordinatore di Alternativa popolare, per ora non si sbilancia. Dice che «a guardare a destra o a sinistra viene il torcicollo» e che «bisogna trovare il coraggio di andare da soli e non fare le coalizioni perché costretti». Ma in realtà la strada verso il centrodestra è già segnata, soprattutto per il gruppo dei lombardi, anche se dirlo apertamente non si può perché Lupi ha la necessità di «alzare la posta».
Berlusconi sarebbe pronto ad accogliergli a braccia aperte, con alcuni esponenti di Ap già si sente quasi quotidianamente. Ma Angelino no. Con Alfano il leader di Forza Italia non vuole tornare, anzi di lui «non vuole proprio sentir parlare», come ha confidato ai suoi privatamente. Perché gli elettori azzurri non dimenticano e un'intesa con Alfano non la capirebbero e la boccerebbero alle urne. Tutto questo non è un segreto per il ministro degli Esteri, che non a caso qualche giorno fa si è detto pronto a far parte di un eventuale movimento politico che «faccia riferimento al Ppe». «Il centrodestra attuale non lo riconosciamo più», ha aggiunto Alfano cercando di puntare il dito contro una presunta deriva populista del Cavaliere. Che invece, proprio in queste settimane, è tornato ad avere rapporti sempre più stretti con il Partito popolare europeo. A fine settembre ha ricevuto ad Arcore il presidente del Ppe Joseph Daul, mentre giovedì scorso è tornato dopo cinque anni a Bruxelles per partecipare al vertice del Ppe che precede il Consiglio europeo.
Se il corpaccione di Ap è destinato a ricollocarsi nel centrodestra, Angelino rischia invece di restare al palo. Con i suoi, giù in Sicilia, che a livello nazionale raggiungono percentuali da prefisso telefonico e che alle politiche avranno bisogno di apparentarsi. Ma con chi? Con le porte chiuse di Berlusconi l'ipotesi più concreta è che convergano verso Renzi, soprattutto dopo l'«esperimento» siciliano dove Alfano già sostiene il candidato del Pd, Fabrizio Micari. Anche per questo le elezioni siciliane del 5 novembre saranno un banco di prova determinante. Se Micari fallisce - e i sondaggi lo danno in terza posizione inchiodato al 22 per cento, tredici punti sotto in candidato del centrodestra - sarà ancora più complicato per il ministro riciclarsi.
Soprattutto perché Renzi, in piena campagna elettorale, preso com'è dalla sua deriva populista, non pare affatto pronto a tendergli la mano. Anzi, potrebbe decidere addirittura di chiudergli la porta in faccia, magari platealmente, facendogli fare la stessa fine di Visco.
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