Il dissenso dei "traditi"

Il dissenso dei "traditi"

Dopo i No Ilva i No Tav, dopo i No Tav i genovesi, dopo i genovesi i No Tap, dopo i No Tap i romani, dopo i romani i torinesi, e c'è da credere che presto verrà il turno dei seicentomila tra marchigiani, laziali, umbri e abruzzesi colpiti dal terremoto e abbandonati prima dal Pd e ora dai gialloverdi. È presto per parlare di disillusione, ma dopo appena cinque mesi di governo i casi di dissenso organizzato si moltiplicano e, quel che più conta, il fenomeno è in crescita. Non dissenso d'élite, ma dissenso popolare. Pesano le aspettative tradite e la conseguente, irritante sensazione di essere stati presi in giro. Dal Piemonte alla Puglia, la rabbia che segue la delusione ha già spinto in piazza significativi tasselli di società. Ma non è finita qui. Industriali e imprenditori del Nord, delusi da una Lega troppo «grillina», hanno messo agli atti la loro critica radicale a una manovra economica che di tutto si preoccupa tranne che di promuovere crescita e sviluppo. Mentre sul fronte opposto l'associazionismo arcobaleno già contesta ai grillini il cedimento alla Lega sui diritti umani in materia di immigrazione e sicurezza. Cresce il malumore di categorie significative: forze dell'ordine, pensionati, insegnanti, avvocati, truffati dalle banche...

E pende, come sempre, la seccante questione dei fatti. Quali fatti concreti potranno esibire i due partiti di maggioranza dopo un anno di governo? La flat tax è scomparsa dai radar, i cinquecentomila immigrati illegalmente presenti in Italia sono ancora qui e il reddito di cittadinanza, semmai entrerà in manovra, provocherà più malumori che entusiasmi, tant'è che Di Maio ne sta spostando l'entrata in vigore il più avanti possibile per scavallare le europee di maggio 2019. Stesso discorso per la riforma delle pensioni. In compenso si cominciano a registrare i primi effetti del decreto Dignità: migliaia di posti di lavoro persi. È probabile che col tempo la dannosità di quelle norme sarà chiara a tutti. Già lo sono, in compenso, le conseguenze del maggior costo degli interessi sul debito pubblico dovuto dall'aumento dello spread. Aumento imputabile alla guasconeria dei due vicepremier. Ma per loro la realtà non conta. Conta solo la realtà virtuale quotidianamente accreditata con un sapiente uso della propaganda. Come al solito, la Storia non è di lezione per nessuno.

La campagna elettorale permanente e la moltiplicazione dei conflitti li abbiamo già vissuti ai tempi di Matteo Renzi, per un po' funziona, ma poi all'improvviso il giocattolo si rompe. Troppi nemici e pochi fatti: un connubio che prima o poi presenta il conto a chi, malamente, governa.

*senatore di Forza Italia

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