Roberto Pellegrino
Madrid Dagli Stati Uniti aveva importato in Italia, senza che nessuno glielo avesse chiesto, il terribile gioco del «knock-out game» una pratica folle che consiste nell'avvicinare un ignaro passante e, con la scusa di chiedere un'indicazione stradale o una qualsiasi informazione, aggredirlo all'improvviso con una scarica di pugni, mettendolo al tappeto.
Nicolas Aitor Orlando Lecumberri, il 23 enne dj spagnolo dall'aspetto innocuo da turista, lo scorso 27 luglio era stato arrestato a Milano con l'accusa di almeno dieci aggressioni a passanti in strada. Così come il «sistema» si sta diffondendo endemicamente ormai da tempo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, il giovane, vagabondando per le strade del centro e della periferia di Milano, aveva preso a pugni e calci diversi passanti sul modello tale folle «sfida». Era, tuttavia, finito nell'obiettivo di una telecamera di sorveglianza condominiale e per la polizia milanese era stato poi facile identificarlo. Un po' meno trovarlo e ammanettarlo.
Giunto a Milano da Los Angeles a metà luglio, Nicolas, che di professione è un dj ed è nato a Barcellona e residente a San Sebastian (Paesi Baschi), in fase di fermo aveva mostrato chiari sintomi di disturbi mentali: nell'interrogatorio di garanzia, si era giustificato dicendo che «ogni volta che chiedevo informazioni, mi prendevano in giro, dandomi risposte sbagliate», poi aveva accennato al fatto di volersi vendicare di uno stupro subito dalla sorella. Fatto mai avvenuto. Arroganza, prepotenza, frutto di un disordine mentale confermato dai suoi stessi genitori che a fine luglio avevano raggiunto Milano con la cartella clinica del figlio.
Il 27 luglio il picchiatore seriale era entrato nel carcere milanese di San Vittore e c'era restato fino allo scorso giovedì, dopo che il gip aveva accolto l'istanza degli avvocati di modificare il regime detentivo con i domiciliari, da scontare in una comunità psichiatrica di Varazze. Ma il giudice Livio Cristofano non aveva comunicato nulla ai legali dello spagnolo, Alessia Generoso e Francesco Brignola, e men che meno alla comunità ligure, che avrebbe dovuto accoglierlo, e al Consolato spagnolo, che ha seguito la vicenda fin da subito. Così Nicolas, semplicemente accompagnato dalle guardie penitenziarie ai cancelli d'uscita di San Vittore, aveva fatto perdere immediatamente le sue tracce, salendo su un pullman per Nizza, per poi raggiungere, mille chilometri più in là, San Sebastian. Qui, secondo quanto confermato dall'ambasciata è stato ricoverato in una clinica cittadina.
L'Hospital Universitario de Donostia, nei Paesi Baschi, ha confermato ieri a il Giornale che Nicolas è giunto alle 4.49 di mattina (come è scritto nel certificato di ricovero rilasciato dalla clinica spagnola), che è tutt'ora in cura e che è stato raggiunto nel primo pomeriggio dai genitori. Secondo l'infermiere, addetto alla reception, il giovane ha chiesto una bibita energetica, che gli è stata negata, ed è parso in buono stato di salute, anche se molto provato dal lungo viaggio. Resta il dubbio se Nicolas dovrà rientrare in Italia in attesa del processo presso una comunità.
Il caso è seguito dalla Questura di Milano e dal Consolato
spagnolo.Intanto uno dei suoi legali d'ufficio, Alessia Generoso ha escluso che Nicolas sia «uno sbandato con insormontabili problemi psichici», parlando del giovane come sofferente «di un disagio personale, ma non pericoloso».
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