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Il doppiopesismo sul premier che sta uccidendo il Paese

A differenza di quanto accadeva con Berlusconi, a Renzi tutto è permesso. Accentramento del potere, conflitto d'interessi, rapporti con l'Ue: nulla turba le coscienze di chi deve vigilare

Il doppiopesismo sul premier che sta uccidendo il Paese

Povera Italia, malata senza speranza (o quasi) di doppiopesismo. Siamo al paradosso continuo che non fa più notizia. Berlusconi veniva attaccato a ogni piè sospinto per qualsiasi cosa facesse, anche quando non ce n'era motivo, mentre Renzi fa e disfa a suo piacimento nella vita del paese, dalle istituzioni agli organi di informazione, dal sistema bancario alle aziende partecipate dello Stato e degli enti locali, dalle vicende interne dei partiti, anche diversi dal suo, ai rapporti con l'Europa, fino a minare le basi stesse della democrazia, e nessuno dice niente.

Sempre più spesso, purtroppo, a fronte delle continue spudorate forzature del presidente del Consiglio italiano, in economia, in politica, nella gestione del potere, si allargano le braccia e il massimo che si riesce a dire è: «Se l'avesse fatto Berlusconi...». E tutto finisce con una sorta di cinico sorriso, di acquiescenza complice, di presa d'atto ammiccante e amara dello stato delle cose.Ma questa accettazione passiva dei comportamenti del premier non appare accettabile alla lunga, perché finisce per essere eversiva della convivenza civile, dello stato di diritto: crea incertezza, indeterminatezza, inefficienza. Distrugge la società.Il doppio standard, quello per cui all'attuale inquilino di palazzo Chigi viene fatto passare tutto mentre Berlusconi non poteva muoversi senza essere tacciato, a seconda dei casi, di demagogia, populismo, inadeguatezza, conflitto di interessi e di mille altre nefandezze, riduce la credibilità del nostro paese e la fiducia in esso riposta. E senza fiducia aumentano i costi di transazione, vale a dire quei costi economici, politici, psichici, sociali che devono essere sostenuti per portare a termine uno scambio, un qualsiasi accordo o realizzare una politica o una strategia.

Come insegnano i manuali di teoria dei contratti, se non ci si fida della controparte si è necessariamente costretti a tutelarsi con un'assicurazione sul rischio. Lo stesso ragionamento vale per gli Stati: chi andrà mai a investire in paesi in cui mancano un'etica unica del giudizio e del valore e in cui non ci siano meccanismi di controllo consolidati, pesi e contrappesi? È il caso dell'Italia di Matteo Renzi. E non è neanche tutta colpa sua, data l'antica propensione italica all'opportunismo. Con il doppio standard, da un lato il sistema diventa privo della possibilità di indignarsi e reagire al mancato rispetto delle regole; dall'altro, proprio per la mancanza di qualsiasi meccanismo sanzionatorio, il leader è libero di eccedere e dilagare nei suoi comportamenti autoritari. E tutto questo viene considerato normale. Anzi, furbo e intelligente. Anzi ancora, segno di vera leadership. Chi fa così, anche se è un imbroglione, finisce per essere rispettato e ammirato.Un circolo vizioso, dunque. Con Berlusconi vigeva la denuncia continua, ossessiva; con Renzi invece l'opinione pubblica si è zittita, non esistono più le istituzioni, non esiste più la magistratura, non ci sono più, come abbiamo detto, i pesi e contrappesi del sistema democratico, il Colle sta zitto, i giornaloni plaudono, le televisioni tutte, pubbliche e private, fanno a gara per compiacere il potente di turno.

E anche le dichiarazioni che stigmatizzano tale circolo vizioso sembrano più foglie di fico per salvarsi l'anima piuttosto che vera indignazione. L'elenco è lungo: «Se Berlusconi avesse fatto un decimo di quello che fa Renzi, credo che la reazione sarebbe stata rumorosa e tumultuosa», diceva Nichi Vendola il 25 febbraio 2015. «Se il Jobs Act l'avesse fatto Berlusconi, tutta la pseudo sinistra sarebbe scesa in piazza con i sindacati», sosteneva Roberto Fico il 7 marzo 2015. «Se Berlusconi avesse proposto di votare con la fiducia la legge elettorale noi probabilmente saremmo venuti davanti a Montecitorio e ci saremmo dati fuoco», erano le parole di Stefano Fassina il 16 aprile 2015. E ancora: «Cosa avrebbero detto gli intellettuali di sinistra contro Berlusconi se lui avesse salvato una banca con un decreto ad hoc nella quale avevano interessi i suoi parenti?» (Alessandro Di Battista sulle dimissioni del ministro Boschi, 13 dicembre 2015). Lo stesso doppio standard vale per le cancellerie europee.

Nonostante l'apparenza, l'attacco di Juncker di venerdì è pura aria fritta. Altra cosa era il veleno nei confronti di Berlusconi, quello che veniva chiamato, appunto, Berlusconi's trick, vale a dire l'accusa che il governo allora in carica si impegnasse a misure importanti di politica economica per ottenere sostegno dall'Unione europea e dalla Banca centrale europea, ma che poi non mantenesse la parola data.

Ci chiediamo perché oggi, al contrario, nessuno parli di Renzi's trick. Il pareggio di bilancio da cui sembrava dipendessero le sorti del paese, per esempio, è stato rinviato fino al 2018. Per Berlusconi, invece, fu anticipato di un anno, al 2013. Allora la malevolenza europea si trasformò in un vero e proprio colpo di Stato, oggi Renzi sembra quasi un eroe che difende la sovranità del paese di fronte ai cattivi del Nord. Cattiva Europa allora, arrogante Europa oggi, a fronte di un Renzi al solito opportunista, dalla cattiva coscienza.Ma non è solo nei confronti dell'Europa che il presidente del Consiglio bluffa: lo fa continuamente nei confronti degli italiani, quando con una mano toglie l'Imu sulla prima casa e con l'altra aumenta le imposte sui risparmi, quelle locali, le tariffe energetiche, i pedaggi autostradali.

E ha pure il coraggio di dire che diminuisce le tasse, e chi lo contraddice è fatto passare per gufo.Per non parlare dei continui ricatti nei confronti dei suoi stessi alleati, con i quali usa sempre e comunque la tattica del doppio forno; della gestione autoritaria e accentrata del potere; del conflitto di interessi, altro cavallo di battaglia sempre utilizzato a scopo politico-polemico contro Berlusconi, ma che sembra non toccare Renzi, e non perché non ve ne sia motivo, anzi: il tema delle banche non sarebbe l'unico. Il punto è che con l'inizio dell'era Renzi non esiste più la sanzione, o meglio un'autorità che sanzioni i comportamenti devianti. Tutto e tutti sono diventati circolarmente conniventi.Il doppio standard sembra essere stato ormai accettato da tutti, dunque non fa più scandalo, anzi è diventato la regola delle regole, la nostra Costituzione materiale. Nulla sembra più turbare la coscienza collettiva del paese, se mai ce ne sia stata una. Ma come possiamo sopravvivere con il doppiopesismo fattosi legge? Non possiamo. Ed è di fronte a questa amara e finale constatazione che va organizzata la resistenza, sempre e comunque. Magari con un bel No al referendum confermativo sulla riforma costituzionale per mandare a casa Renzi e far tornare la democrazia in Italia.

E con la democrazia la fine del doppiopesismo.

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