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«Dove lo mettiamo il morto?» Loculi svuotati per rivenderli

Cimitero degli orrori: 5 arresti nella banda che gestiva le tombe dell'abbazia benedettina. «Servizi» da 5mila euro

«Dove lo mettiamo il morto?» Loculi svuotati per rivenderli

Il cimitero degli orrori, quello di San Martino delle Scale (Monreale) è fatto di cemento e ossa umane. Era un modo come un altro, per i gestori abusivi, per disfarsi dei resti dei defunti e recuperare loculi da assegnare a ignari cittadini che dovevano tumulare un congiunto. Il «disturbo» fruttava 5mila euro a posto alla banda. Al sopraggiungere di questa nuova gestione, dopo la morte del priore dell'Abbazia benedettina, a cui appartiene il cimitero, un luogo saturo da oltre 20 anni, aveva a disposizione nuovi loculi, tra quelli che venivano profanati spostando le salme e quelli di nuova costruzione abusiva.

I carabinieri di Monreale hanno arrestato quattro componenti del «macabro» sodalizio e sottoposto una quinta persona alla misura cautelare del divieto di dimora a Monreale con obbligo di firma. Gli arrestati sono Giovanni Messina, 70 anni, suo figlio Salvatore detto Salvo, 38 anni, il nipote Salvatore detto Salvuccio, 24 anni, e Antonino Campanella, 33 anni, tutti di Palermo. La misura cautelare minore riguarda Erminia Morbini, la 74enne che convive con Giovanni Messina. Tutti sono accusati di far parte di un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di numerosi delitti tra cui truffa, falsità in atti pubblici commesse da privati, falsità in certificazioni, violazione di sepolcro, vilipendio delle tombe, vilipendio di cadavere, occultamento di cadavere, distruzione, soppressione e sottrazione di cadavere. Ci sono indagati a piede libero, tra cui l'ex parroco. Intercettazioni choc tra gli arrestati, come ad esempio: «E adesso questo morto dove lo metto?».

Le indagini sono partite dopo alcune denunce di un'apparente «mala gestio» del cimitero. E hanno rivelato quanto di sconvolgente avveniva. Nel sodalizio ognuno si adoperava per mantenere vivo il business che, specie alla luce delle difficoltà di tumulazione che si riscontrano a Palermo, fruttava un giro pazzesco di denaro.

Ecco come operava: predisponeva la pratica di sepoltura attraverso la creazione di contratti di acquisto, cessione o rinnovo della concessione dei loculi e tombe gentilizie, all'occorrenza falsificati, e in ogni caso conclusi sine titulo, falsificava atti pubblici e certificati amministrativi, individuava tombe e loculi occupati da salme da spostare senza correre il rischio che i parenti ne rivendicassero la titolarità. E, per maggiore sicurezza, nel momento in cui avvenivano le estumulazioni veniva disattivato il servizio di videosorveglianza.

I carabinieri hanno accertato una «sistematica attività illecita di estumulazione occultamento e soppressione e distruzione di cadavere e di bare con salme ancora al loro interno, in totale violazione della normativa vigente, in assenza delle necessarie autorizzazioni amministrative e senza la partecipazione del coordinatore sanitario» e «spostamenti non autorizzati in altri loculi, attraverso l'occultamento di bare rimosse dalle legittime sedi per trasportarle sempre all'interno del cimitero in altri loculi o in luoghi non visibili ai visitatori». L'organizzazione smaltiva illecitamente i rifiuti cimiteriali e i resti umani decomposti che, invece di essere posti in un ossario, inesistente in quel cimitero, venivano gettati in intercapedini e coperte da materiale cementizio.

La truffa riguarda addirittura anche le luci votive, che venivano fatte pagare come se fossero sempre accese, mentre si spegnevano automaticamente dopo la chiusura del camposanto.

Chi chiedeva rassicurazioni sulle tumulazioni veniva minacciato di morte.

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