Draghi guasta la festa a Renzi «Crescita col taglio delle tasse»

Il premier festeggia i due anni al governo e attacca ancora l'austerity Ue: «Numeri alla mano, l'Italia è tornata». Ma il governatore lo gela: «Metà della ripresa dovuta alla politica del Qe»

M atteo Renzi si prepara a festeggiare i due anni di governo e per puntellare un consenso traballante mette in cantiere un incontro con la stampa estera. L'obiettivo? «Dimostrare numeri alla mano come l'Italia sia tornata». E magari lanciare all'Europa nuove richieste di flessibilità, come fatto anche ieri sera da Buenos Aires, dove il premier era in visita: «La Ue deve scrollarsi di dosso la polvere dell'austerity, che mette a rischio il futuro dei giovani». Anche se, forse, in questo anche il governo ha qualche responsabilità in termini di crescita bassa e inferiore alle attese; di spesa corrente dello Stato passata da 483 a 536 miliardi o di spesa per investimenti ridottasi da 56 a 45 miliardi. Il premier che si prepara ai trionfalismi, però, deve fare i conti con una «contronarrazione» illustre e difficile da liquidare con una battuta: quella di Mario Draghi. Il governatore della Bce appare sempre meno intenzionato a concedere sponde alle politiche di spesa dell'esecutivo italiano. Anzi ultimamente i suoi messaggi risuonano come puntuali smentite degli annunci di Palazzo Chigi. Se a dicembre i riflettori dell'istituto di Francoforte si erano accesi sull'occupazione italiana, «rimasta pressoché invariata, in controtendenza rispetto all'insieme dell'area euro e alle sue economie più piccole», Draghi a gennaio - ma anche ieri all'Europarlamento - ha indirettamente rivendicato per sé la mini-crescita italiana: «Il Qe ha funzionato, metà della ripresa degli ultimi due anni va ascritta alla nostra politica monetaria». Inoltre resta ferma a suo dire la necessità di farsi guidare dalla bussola della disciplina di bilancio. «Diventa sempre più chiaro che le politiche di bilancio debbano sostenere la ripresa attraverso investimenti pubblici e tassazione bassa. E rispettare le regole del Patto resta essenziale per mantenere la fiducia nel quadro».Una doccia fredda per l'Italia arriva anche quando Draghi smentisce le voci secondo cui la Bce e il governo italiano sarebbero in trattativa per l'acquisto di crediti deteriorati delle banche: «Non mi risulta nessun contatto tra Bce e governo italiano, non stiamo comprando nulla, si tratta di vedere se queste sofferenze in un particolare formato Abs possono essere accettate come collaterale». Inoltre, aggiunge Draghi, «non c'è stata disparità di trattamento per le banche italiane».L'impressione diffusa è che l'insofferenza del numero uno della Bce verso il premier - sempre più impegnato in lotta con le istituzioni comunitarie - stia crescendo. Il motivo risiederebbe in quella che viene vista come un'occasione sprecata dal governo italiano. Renzi starebbe buttando a mare il dividendo del Quantitative easing e delle politica monetaria emergenziale della Bce dirottandolo invece che verso il risanamento verso la conquista del consenso elettorale. E a questo punto c'è anche chi arriva ad azzardare l'emergere di un Draghi figura forte per il dopo-Renzi sul palcoscenico politico italiano. Difficile prevedere adesso se questo accadrà. Il mandato di Draghi alla Bce scade il 31 ottobre 2019, la prospettiva quindi è ancora lontana. Ma di fronte a una nuova crisi finanziaria o a una crescita ancorata agli zero virgola tutto potrebbe accadere.C'è anche un'altra partita che potrebbe interessare «Supermario»: quella per il futuro ministro delle Finanze della zona euro.

Un incarico esistente al momento soltanto nella mente dei banchieri centrali di Francia e Germania, ma invocato autorevolmente come pivot dell'integrazione mancante tra le varie politiche economiche per sollecitare e armonizzare «riforme strutturali e sostenibili» nell'Unione. Ruolo delicato a cui Draghi, forte dell'autorevolezza e della stima conquistata negli anni, potrebbe più che legittimamente aspirare.

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