Le due Coree litigano, mondo col fiato sospeso

Tra Seul e Pyongyang rapporti sempre più tesi e minacce «esplosive»

Francesco Leone Grotti

La Corea del Nord potrebbe condurre a breve un «sesto test nucleare» e la Corea del Sud è pronta a rispondere «annientando Pyongyang». Seul non ha più intenzione di restare a guardare mentre il regime di Kim Jong-un affina la tecnologia dei suoi ordigni atomici e l'impressione è che il test nucleare di venerdì, il quinto condotto dal paese comunista, abbia davvero preoccupato il governo sudcoreano.

A impressionare non è stata solo la potenza dell'ordigno, la detonazione ha avuto una carica di circa 10 chilotoni, quasi il doppio della potenza rispetto al precedente, ma il brevissimo lasso di tempo intercorso tra gli ultimi test.

Se i primi tre erano stati condotti nel 2006, 2009 e 2013, il «Brillante leader» ne ha condotti due nel solo 2016.

Condannando «l'incoscienza maniacale e autodistruttiva» del dittatore, la presidentessa sudcoreana Park Geun-hye, ha dichiarato ieri che il rischio di una guerra nella penisola coreana è aumentato e che «la situazione è diversa dal passato». Incontrando i leader dei partiti dell'opposizione ha escluso ogni possibile dialogo con il regime, affermando che il programma nucleare nordcoreano «non è una merce di scambio» ma una «minaccia presente e urgente». Intavolare nuove trattative non farebbe che permettere a Pyongyang di guadagnare tempo per perfezionare le sue armi.

Secondo il ministero della Difesa sudcoreano, il Nord ha ancora a disposizione due tunnel nel sito Punggye-ri per condurre altrettanti test in ogni momento. Se la situazione dovesse divenire critica, però, Seul ha già pronta la risposta. L'Assemblea nazionale è infatti stata informata che l'operazione «Punizione su larga scala e rappresaglia coreana» è pronta e prevede la «distruzione di tutte le aree metropolitane dove potrebbe nascondersi Kim Jong-un». Anche il Giappone si starebbe preparando a rispondere militarmente a un'eventuale aggressione. Una fonte del governo di Shinzo Abe ha infatti dichiarato in via anonima all'Asahi Shimbun: «Non staremo certo a guardare inerti le pazzie di Kim».

Il fronte anti-Corea del Nord però non è unito né in Corea del Sud, né all'estero. Il segretario della Difesa americano Ashton Carter ha accusato la Cina di non fare abbastanza per fermare l'alleato (sempre più indisciplinato) nordcoreano, mentre ieri il giornale Huanqiu, molto vicino al partito comunista, ha risposto a tono: «Washington si è rifiutata di firmare un trattato di pace con la Corea del Nord. La paranoia americana sul tema nucleare non è inferiore a quella di Pyongyang».

Anche i politici sudcoreani sono divisi. Se la presidentessa Park rifiuta il dialogo con il Nord, i leader dell'opposizione l'accusano di usare la minaccia nucleare per reprimere il dissenso in patria e la considerano responsabile dell'aumento delle tensioni. Park, infatti, ha accettato di schierare l'anno prossimo sul suolo sudcoreano il sistema missilistico di difesa americano Thaad. Una mossa che infastidisce, oltre a Pyongyang, anche Pechino.

Secondo gli esperti, il regime comunista ha bisogno di condurre un altro test nucleare perché, per quanto potente, l'ultimo ordigno avrebbe dovuto avere una carica di almeno 15 chilotoni. «Questo significa che gli ingegneri nordcoreani hanno avuto dei problemi», ha dichiarato Kim Jin-moo, ricercatore del Korea Institute for Defense Analyses (KIDA). Se l'obiettivo di Kim Jong-un è migliorare la bomba atomica dovrà dare ai suoi ingegneri almeno sei mesi di tempo per capire «che cosa non ha funzionato».

La ripetizione immediata di un nuovo test farebbe invece pensare alla necessità da parte del leader di distrarre l'attenzione del popolo, devastato dalle recenti inondazioni che hanno causato oltre 130 morti, 400 dispersi e 100 mila sfollati. Nel Nord iniziano a scarseggiare anche i generi alimentari e si rischia una nuova carestia.

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