E Di Maio vola negli Usa per rassicurare Trump

E Di Maio vola negli Usa per rassicurare Trump

Un colpo al cerchio e uno alla botte, un'intesa con Pechino e una visita riparatoria negli Usa a pochi giorni di distanza. È la diplomazia stile Cinque Stelle, i promotori dell'accordo con la Cina che ha irritato gli alleati atlantici e quindi promotori subito dopo di un viaggio negli Usa per provare a tenersi buoni anche loro. Il piede in due scarpe, però molto distanti. Un esercizio di equilibrismo con cui si misurerà Luigi Di Maio (nel tondo). L'accordo sulla Via della Seta «non vuol dire che andiamo contro gli Stati Uniti, anzi la settimana prossima sarò in Usa per parlare con i nostri alleati, l'Italia che è alleata con un Paese che ha detto America first, deve avere il coraggio di dire Italia first» spiega il vicepremier grillino in partenza il 26 marzo per New York e Washington. Il programma pubblicato nell'agenda del ministro prevede due giornate di incontri con la comunità d'affari italiana a New York, una altro con investitori organizzata insieme a Bank of America Merrill Lynch, una visita a Wall Street, una cena a Washington con i rappresentanti delle principali imprese italiane negli Stati Uniti. E poi, il 28 marzo, una giornata ancora «in via di definizione» nella capitale statunitense. È qui che si concentreranno gli incontri politici del vicepremier. Il ministero non smentisce i nomi che circolano nelle indiscrezioni, secondo cui Di Maio dovrebbe incontrare due pezzi da novanta dell'amministrazione Trump: il segretario al Commercio Wilbur Ross e il Consigliere per la sicurezza nazionale, John Bolton. Gli interlocutori che coprono due dei settori, commercio internazionale e sicurezza, che allarmano maggiormente gli Usa rispetto alle mosse del governo italiano. Ross è l'uomo che guida il negoziato sui dazi con la Cina, e quindi il più interessato a capire le reali intenzioni di Roma dopo la decisione - allarmante per Washington - di firmare il memorandum con Xi Jinping. Bolton è invece il «falco» che sogna il dittatore venezuelano Maduro a Guantanamo, mentre il governo italiano nella sua componente M5s si è espresso in modo molto ambiguo su Maduro e sul ruolo del possibile successore Juan Guaidò ha una posizione opposta a quella degli Usa («Siamo totalmente contrari al fatto che dei Paesi terzi possano determinare le politiche interne di un'altra nazione», ha spiegato il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, M5s). Ma al team sicurezza di Trump interessa anche la questione Cina.

Gli uomini vicini a Bolton hanno già fatto capire che il dialogo Roma-Pechino (definito «un azzardo politico»), rende l'Italia un partner meno affidabile per la condivisione di informazioni di intelligence. E ci sono altri nodi in ballo: gli F-35, la Tap e la dipendenza energetica da Mosca. I temi su cui gli Usa cercano chiarezza dall'Italia sono molti. A Di Maio il compito di rassicurare Washington.

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