E Padoan parla di tutto ma dimentica le tasse

Il ministro evita i punti di frizione con Renzi. Però l'Iva aumenterà

E Padoan parla di tutto ma dimentica le tasse

Roma Uscita dall'Europa, sfiducia nelle istituzioni europee? «Non lo faremo succedere». Pier Carlo Padoan, ospite alla kermesse renziana del Lingotto a Torino, attacca la linea sovranista alla Salvini, ma sembra rivolgersi più che altro al padrone di casa, Matteo Renzi, che con Bruxelles non ha mai avuto un buon rapporto.

Non doveva essere un intervento battagliero (non ne ha mai fatti). Evitati con cura tutti i capitoli economici che dividono la segreteria del Pd dal governo in carica. Niente su Iva, cuneo fiscale, privatizzazioni. Ma poi, in chiusura, Padoan si è concesso un concetto sul tema che gli è più caro, l'Italia e l'Europa.

«In questi anni mi sono accorto che la risorsa che manca in Europa è la fiducia». Fiducia tra «vicini», precisa Padoan. E il riferimento non può non essere alla sempre più scarsa considerazione delle istituzioni europee e dei paesi del Nord verso l'Italia. Il governo Renzi non ha invertito la tendenza e, semmai, ha aperto con l'Ue altri fronti. «Bisogna fare in modo che si capisca che le soluzioni europee sono le più solide e le più durature. Per l'Italia frantumare l'Europa o essere frantumatati è la peggiore delle alternative».

Poi l'affondo contro gli anti euro. Scenari «di moda» di italexit che «mi fanno rabbrividire. Chi fa queste proposte teorizza referendum non ha alcuna idea dei danni economici sociali e culturali che ci sarebbero e che andrebbero a colpire i cittadini, semplicemente perché non si ha il coraggio di avere soluzioni vere e condivise. Questo non lo faremo succedere».

Messaggio chiaro. Non ci saranno strappi con l'Europa. E oggi l'Ue ci chiede di applicare alla lettera le raccomandazioni fatte all'Italia. Oltre alla correzione dei conti da 3,4 miliardi per il 2017, la ricetta europea per l'Italia prevede fare passare la tassazione dal lavoro alle cose. Che è poi la stessa ricetta del governo in carica e di Padoan. Taglio del cuneo e aumento di Iva e accise.

Oggi al Lingotto sarà il turno del premier Carlo Gentiloni, stretto tra i due fuochi. Al lavoro su misure che al segretario Pd non piacciono.

Che ci sia un riavvicinamento tra i due schieramenti è da escludere. Il messaggio di Padoan è chiaro. Quello dei renziani altrettanto. Ieri, ad esempio, il presidente del partito Matteo Orfini si è scagliato contro l'ipotesi di privatizzare la Cassa depositi e prestiti, progetto al quale sta lavorando proprio il dicastero dell'Economia. «Guai a imbarcarsi in operazioni avventuristiche e soprattutto guai a farlo senza una discussione politica seria e approfondita. Discussione alla quale il Pd ha non solo la volontà ma soprattutto il dovere di partecipare» conclude. Le privatizzazioni «nell'esperienza italiana si sono fatte per fare cassa finendo così per indebolire il profilo industriale del paese».

Guarda caso, a chiederci le privatizzazioni è soprattutto l'Europa, delusa dagli impegni mancati negli anni scorsi (anche da Renzi) e dalla nostra incapacità a ridurre il debito pubblico. Padoan una risposta l'ha data. Oggi Gentiloni dovrà scegliere con chi schierarsi.

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