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E il Parlamento assume ancora (con novità sugli stipendi)

Al via concorsi aperti alla Camera e al Senato (con stipendi inferiori). I sindacati: assumere chi già c'è. La rottura con le presidenze

E il Parlamento assume ancora (con novità sugli stipendi)

Si aprono di nuovo le porte del Parlamento per chi aspira a lavorare tra Camera e Senato. Quest' anno, infatti, i due rami del Parlamento avvieranno quello che viene chiamato "ruolo unico", ovvero l'unificazione dei dipendenti che fino ad oggi erano divisi tra Palazzo Madama e Montecitorio, generando doppioni nei dirigenti, negli strumenti utilizzati (computer, biblioteche, ...) e via dicendo. Producendo il raddoppio dei costi.

Non solo tagli, però. Perché secondo quanto scrive il Messaggero, Camera e Senato sono pronte ad aprire a nuove assunzioni. Per la precisione circa 100-150 assunzioni. Non poche, considerando che è dal 2003 che non succedeva e che negli ultimi anni il personale è sempre diminuito (a Montecitorio si è passati da 1.856 unità a 1.100). Le assunzioni dovrebbero riguardare tutte le categorie dei dipendenti, dai consiglieri ai centralinisti, passando per gli elettricisti. Gli stipendi saranno un po' inferiori a quelli assegnati fino ad oggi, ma non tanto (-20%). Soprattutto se si considera che è stato tolto il tetto triennale agli stipendi (che era stato stabilito nel 2014) e che quindi dopo 40 anni di servizio un elettricista può arrivare a incassare 156mila euro lordi.

Intanti è lotta intestina tra i vertici dei due rami del Parlamento e i sindacati interni dei lavoratori. Le retribuzioni degli assunti sono bloccate da tre anni e ora gli scatti sono biennali e automatici. Ma dal 2018 partirà, scrive il Messaggero, una sperimentazione: aumenti legati al merito e non solo all'anzianità. Insomma, ci sarà una valutazione della produttività e della qualità del lavoro. Non solo.

Perché a irretire i sindacati è stata pure la decisione del blocco dei pensionamenti (sei mesi alla Camera e di due anni al Senato) e la richiesta di tutelare nei concorsi che verranno chi sta già lavorando in Parlamento (alcuni precari).

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